«Italiani torturatori ad Abu Ghraib? Un’ignobile montatura»

Polemiche dopo le dichiarazioni di un ex prigioniero che si è «ricordato» di avere udito accuse a due connazionali che avrebbero lavorato per gli Usa

da Milano

La campagna elettorale italiana fa tappa in Irak. Protagonista il prigioniero-simbolo del carcere di Abu Ghraib, quello che per lunghi anni fu teatro delle atrocità degli aguzzini di Saddam Hussein e che più recentemente è salito alla ribalta per le torture condotte su prigionieri iracheni da parte di militari americani. Alì Shalal el Kaissi, 42 anni, insegnante di religione islamica a Bagdad arrestato nell’ottobre 2003 perché accusato di far parte della guerriglia, è l’incappucciato con le braccia aperte collegate a fili della corrente, tragica immagine di quelle violenze per cui diversi soldati Usa sono stati processati e condannati. Intervistato ad Amman da Rainews24 ha raccontato con dovizia di particolari le brutalità cui è stato sottoposto, ma si è anche «ricordato» - a sei settimane dalle elezioni politiche italiane - del presunto ruolo di nostri connazionali nelle infamie commesse ad Abu Ghraib e altrove.
«Tutte le carceri in Irak sono sotto il controllo degli americani - ha detto Kaissi all’inviato Sigfrido Ranucci -. Due compagnie americane, la Caci international e la Titan corp., avevano contratti con mercenari di diverse nazionalità che avevano la responsabilità di raccogliere le informazioni dei prigionieri». Poi arriva il colpo basso, affidato secondo collaudati copioni a un assente. «Un diplomatico iracheno di nome Haitham Abu Ghaith, che era stato arrestato, parlava diverse lingue, tra cui l’italiano - continua Kaissi -. È stato lui a riferirmi di avere sentito tra quelli che lo interrogavano due che parlavano in lingua italiana».
Kaissi aggiunge che questi contrattisti compivano «ogni tipo di tortura, le stesse fatte dagli americani». Poi passa ad altre accuse agli italiani. «Il vero scandalo è che hanno trafugato soldi e reperti archeologici. Noi amiamo il popolo italiano, conosciamo la differenza tra i civili e chi compie questi gesti, ma ciò non ci impedisce di denunciarli. Il messaggio che voglio dare al popolo italiano - conclude l’ex prigioniero - è che in Irak la situazione non è assolutamente migliorata, nulla è stato ricostruito».
Così, casualmente. Come certo casualmente si è subito scatenata la consueta indignazione a comando della sinistra italiana, a base di inviti al governo «a non fare lo struzzo» sulla vicenda e a «venire a riferire in Parlamento», secondo un abusatissimo mantra. Palazzo Chigi ha fatto sapere che non risultano presenze di italiani ad Abu Ghraib.

Ha reagito anche il parlamentare di An Enzo Fragalà, parlando di «ignobile montatura dei soliti noti del giornalismo militante». «È vergognoso che giornalisti italiani - afferma Fragalà - tentino di resuscitare e strumentalizzare una vicenda già conclusa con processi e sanzioni assai severe coinvolgendo per sentito dire i contractors italiani».

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