Un italiano inutile che è ancora utile leggere

Dell’attualità dell’inattualità. Ovvero, come essere sempre attuali dicendo sempre cose inattuali. Tra i personaggi del nostro passato recente (senza andare a scomodare i classici) che più si sono distinti nella nobile arte dell’inattualità c’è sicuramente Giuseppe Prezzolini, un italiano inutile che è ancora utilissimo leggere. Testimone di un secolo di storia patria, tra gli intellettuali più significativi e scomodi del primissimo Novecento, dagli anni Quaranta autoesiliato prima in America e poi a Lugano, non perse mai di vista l’Italia e i suoi sciagurati abitanti.
«Questa Italia non ci piace» era stato il motto di Giovanni Amendola giovane e sconosciuto collaboratore della Voce. Un motto che Prezzolini e i vociani avevano fatto proprio e nel quale tutti i vociani si sono sempre riconosciuti. E che anima i suoi scritti anche quando, nel 1975, alla bellezza di 93 anni, scrive queste Modeste proposte scritte per svago di mente, sfogo sentimentale e tentativo di istruzione pubblica degli itliani, pubblicate dall’editore Scheiwiller (illustrate dalle dissacratorie vignette di Longanesi, adesso riproposte da Sellerio con una nota di Beppe Benvenuto, pagg. 89, euro 7). «Un libro-gioco, ma anche serissimo» scrive giustamente Benvenuto, perché lo stile ricalca e si ispira all’opuscolo satirico Modesta proposta di Jonathan Swift, autore irlandese conosciuto universalmente per i Viaggi di Gulliver e molto amato da Prezzolini.


Le piccole provocazioni, che vanno dall’idea avvincente e surreale di dare in affitto ai vari paesi europei il governo d’Italia a quella di istituire un premio per chi distrugge di più durante le pubbliche manifestazioni, dalla proposta di abolire l’obbligatorietà delle tesi universitarie a quella di vietare per legge articoli di giornali più lunghi di una colonna e discorsi politici che superino i trenta minuti, hanno come fine ultimo lo scuotimento degli animi e l’auspicio di «un’Italia senza retorica, con meno chiacchiere, più seria, più colta, più ricca, più pulita e più ardita. E anche un’Italia meno scettica e meno pronta ai compromessi».
Più che un’auspicio un’utopia, anche se questa parola fu sempre aborrita da Prezzolini. Ce ne scusi.

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