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Da Jean Marie a Marine, l’evoluzione dei Le Pen

di Fabio Torriero

Adesso in molti cercheranno di sviscerare il fenomeno-Fronte nazionale: protesta, antipolitica, populismo, xenofobia. E in molti tenteranno di svelare il «segreto» di Marine Le Pen. La «Dame» sarà passata al setaccio, magari per dimostrare che i suoi voti (oltre il 18%) sono «inutili», destinati a far vincere il socialista Hollande; o magari per «valorizzarla» in funzione anti-Sarkozy, come ha fatto Lucia Annunziata l’anno scorso. Lo stesso teorema che ha funzionato da noi: i «finiani» utilizzati in funzione anti-Berlusconi e poi, una volta caduto il suo governo, dimenticati.
Un pregiudizio che, ad esempio, ho vissuto direttamente, in occasione della presentazione romana del suo libro («Controcorrente», edizioni Pagine - Libri del Borghese), di cui ho curato l'edizione italiana. Invitati a partecipare, dei politici nemmeno l'ombra. Opposte le scuse: «La Le Pen non fa parte del Ppe»; oppure: «Sull’Europa e il capitalismo finanziario dice cose giuste, ma da noi l’antifascismo è un valore» (Sergio Rizzo).
Perplessità che, tra l’altro, condividevo avendo tradotto e studiato Sarkozy (libro «Temoignage»).
Ma conoscendola ho cambiato opinione. Non era, né è, la riproduzione femminile del padre Jean Marie; non era, ne è, la leader di un Msi francese. Era ed è il simbolo di una novità.
Gentile, ironica, autorevole, conversava amabilmente da «femminista di destra», rivoluzionaria e tradizionalista, ostentando orgogliosamente due croci al collo. Nei pressi di Fontana de' Trevi, ha fatto il suo bagno di folla, si è seduta al tavolino di un bar e ha firmato autografi. Due giovani di colore, sembravano dei centri sociali, si sono avvicinati e le hanno offerto un caffè. E durante la presentazione ha alternato spiegazioni serie a battute. Come quando si è seduto al tavolo dei relatori l’onorevole Francesco Aracri, l'unico parlamentare pidiellino che è intervenuto: «Sono stupita, da un berlusconiano non me l'aspettavo». Lapidaria su Donna Assunta Almirante: «Era amica di mio padre, ma la mia è un’altra vita».
La storia di Marine Le Pen, infatti, è particolare: cosa può provare una bambina di otto anni che conosce la morte sotto forma di una bomba che esplode nella sua casa? Una ragazza «scomoda» (nessuno voleva i Le Pen come vicini), costretta a crescere prima del tempo, a difendersi dai compagni di classe e dalle suore che la invitavano a non esibire la croce; costretta a difendersi anche dai colleghi di partito, machisti, che la consideravano una raccomandata in quanto «figlia del capo». Un «reato di cognome» che per lei si è trasformato in «diritto al cognome». Valori fondanti del «suo» nuovo Fronte nazionale: diversi sia dall'eredità del padre, sia da Sarkozy. Rispetto a Jean Marie, come spiega chiaramente nel libro, vuole andare «oltre il Fn», farlo diventare «un nuovo partito repubblicano», capace di essere «la nuova casa dei francesi». La sua idea di centro-destra francese è il cambio di baricentro: non più a «trazione-Ump», ma a «trazione-Fn» (sono i gollisti che dovranno scegliere con chi stare, non viceversa, come è accaduto finora, con le politiche di assorbimento dei temi «frontisti» o con gli archi costituzionali «contro»). Il suo bipolarismo è «nazionali contro mondialisti» e «non destra contro sinistra».
Rispetto a Sarkozy, amico della Merkel, il Fronte nazionale pensa all’Europa delle patrie; dei popoli, delle identità. La Ue è «l'Unione sovietica europea delle banche, dei tecnocrati e dei banchieri». Marine ipotizza la ridiscussione dell'euro. Sul liberismo è netta: «Bisogna recuperare lo Stato nazionale, il primato della politica, le banche vanno controllate dallo Stato, occorre modernizzare il concetto di pubblico». Inutile dire che Sarko ha fallito su immigrazione e sicurezza. Xenofoba, leghista? «La xenofobia - argomenta - è un'identità costruita sull'odio, la paura; il patriottismo è amore per se stessi».
Ragioni che rendono difficile l'accordo con Sarko il 6 maggio.
Cosa insegna Marine Le Pen? Che ci vuole più destra in Italia e che le parole sono importanti.

Modesto consiglio ad Alfano e Berlusconi: il «partito dei moderati» è un concetto debole. Al centro ci sono gli indecisi, che vanno conquistati con programmi forti, leader riconoscibili come Marine. Non è meglio usare soltanto il termine «popolari»?

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