Cronaca locale

Jerome Zodo, l'arte contemporanea invade Milano

La nuova galleria internazionale di Porta Venezia ha inaugurato con una collettiva di artisti internazionali

A ridosso della cerchia dei Bastioni di Porta Venezia (via Lambro, angolo via Melzo), si nei giorni scorsi inaugurato un nuovo e innovativo spazio espositivo, «Jerome Zodo Contemporary».
La prima mostra si intitola (Ex)Communicate e, fino al 27 febbraio 2010, presenta una collettiva di artisti internazionali, quali Simmons & Burke, Terry Chatkupt, Zackary Drucker, Ben Grasso, Tigran Khachatryan, Simon Senn, Andrew Schoultz, Federico Solmi, Bertold Stallmach. Durante la vernice si terrà, inoltre, la performance di Zackary Drucker.
Il progetto curatoriale, firmato da Jerome Zodo ha portato a selezionare artisti che condividono la medesima filosofia della galleria, ovvero restituire un ruolo centrale al fruitore dell'opera d'arte ed è un'anteprima della programmazione futura della Jerome Zodo Contemporary, che vedrà alternarsi nei mesi a venire ciascuno degli artisti che partecipano a questa iniziativa.
Come afferma Jerome Zodo, «Questa centralità ha rischiato di perdersi a causa dell'aggressività e dell'arroganza dei media nei confronti dell'arte. Un dato oramai evidente è che i mass media tendono a comunicare soprattutto se stessi a scapito dei contenuti e che qualsiasi valore venga a contatto con essi, viene assorbito e banalizzato nel meccanismo dell'auto citazione».
Ciascuno di questi artisti suggerisce allo spettatore un percorso che lo condurrà a creare una propria percezione del reale, a farsi un'idea sul contenuto. Spesso sfruttando i meccanismi tipici della quotidiana fruizione della comunicazione di massa, gli artisti invitati non la collocano al centro del progetto, bensì ne sfruttano i meccanismi, trasferendo l'attenzione immediatamente oltre il processo cognitivo.
Una delle opere che più introducono allo spirito della mostra è Hotel de Sapins di Simon Senn, un video in cui tre ragazzi e tre ragazze nudi con in mano una telecamera e un numero disegnato sul corpo si muovono in uno spazio neutro di significati. Lo spettatore interagirà con la scena mediante un telecomando. I numeri dei canali, infatti, corrispondono a quelli dipinti sui personaggi e, cambiando canale, si cambierà la visuale dal punto di vista dei diversi protagonisti.
Molto interessante è anche il video di Terry Chatkupt, Untitle (Main Street), nel quale si susseguono, senza commento, immagini di attività commerciali chiuse, fallite, abbandonate.
The Inability to Be Looked at and the Horror of Nothing to See è il titolo della serie di fotografie di Zackary Drucker, che documentano la performance in cui l'artista, bendato, seminudo e sdraiato su un lettino, ha chiesto al pubblico di togliergli i peli dal corpo con delle pinzette.
Un approccio ironico e sintetico ai temi trattati nella mostra è quello di Ben Grasso. L'originalità delle sue opere pittoriche nasce da un corto circuito nel flusso della percezione. Le immagini catastrofiche di esplosioni, incendi, allagamenti, sembrano uscire direttamente da telegiornali o da copertine di magazine internazionali, ma a ben vedere si nota come le deflagrazioni siano del tutto immaginarie, impossibili, spesso condite da oggetti e "stelline" come nei cartoni animati.
Di Tigran Khachartyan verrà presentato il video Nachalo (The Beginning). L'artista procede in una reinterpretazione di classici cinematografici ricostruendo il film con un collage di filmati storici, spezzoni di altre pellicole, e soprattutto scene girate in maniera "indecentemente" amatoriale. La pellicola citata in questo video è appunto Nachalo di Aravazd Pelesian, cortometraggio dedicato ai 50 anni della Rivoluzione d'Ottobre.
Il giovanissimo artista svizzero Bertold Stallmach proporrà un progetto site specific i cui protagonisti sono una colonia di formiche. Un piatto sospeso in aria al centro del quale c'è il loro microcosmo, un piccolo mappamondo di vetro al cui interno vive la regina. Quattro corridoi collegano la sfera centrale con altrettanti ambienti, anch'essi in vetro trasparente a forma di grandi formiche atteggiate nella classica posa della meditazione. La struttura in vetro è piena di un gel speciale e trasparente che permette loro di vivere come se fossero nella terra e agli spettatori di godere dello spettacolo di un intelligenza collettiva.
Di Andrew Schoultz saranno esposti due grandi lavori, uno su carta e uno su tavola, che riflettono sul suo approccio alla precarietà della comunicazione artistica. Le influenze di Schoultz provengono dalla Street Art, ovvero dai graffiti, dai murales, dagli stickers, con i quali conviviamo quotidianamente sui muri delle città. I suoi contenuti sono legati alla vita quotidiana, alle diatribe politiche, all'organizzazione sociale, ma ragionano anche sull'uomo e sulla natura, attraverso l'utilizzo ossessivo di immagini tratte dalla pittura medievale.
Le opere degli artisti californiani Simmons & Burke creano con il visitatore un'immediata empatia e una voglia incontrollabile di partecipazione. A prima vista sembrano delle enormi pale d'altare in stile pop dove, in un lavoro paziente e laborioso, è stata collocata una grande quantità di immagini, che sintetizzano tutti gli aspetti del reale. Un quadro fiammingo fatto con le più avanzate tecniche digitali, cui si aggiunge il dato auditivo con una serie di suoni trasmessi in una sequenza casuale.
Un discorso particolare merita l'opera di Federico Solmi, artista italiano e newyorkese d'adozione, recente vincitore di un Fellowship del Guggenheim Museum. Federico è un colto dissacratore, un artista che tramite un linguaggio ferocemente satirico dice la sua sulla società contemporanea e sui falsi miti che questa genera. Nella videoinstallazione The Giant, Federico Solmi si fa beffa del sistema comunicativo adottandone i medesimi mezzi linguistici, video-game, fumetti, internet e movie-fiction, per costruire visioni animate in cui capovolgere significati e ruoli semantici dell'oggettivo.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo con testi di Irina Zucca Alessandrelli e Geraldine Zodo.
Jerome Zodo Contemporary inaugura questo nuovo spazio in una delle zone più attive e in rapida trasformazione della metropoli milanese. I lavori sono stati affidati allo studio di architettura A++ di Milano (www.a2plus.it), che hanno convertito i locali dell'ex Artdecò café in una galleria d'arte.
Una galleria d'arte del tutto nuova e lontana dalla tradizione, pensata come luogo espositivo diverso, non più semplice sfondo per le opere d'arte, ma che diventa protagonista "partecipe" del contenuto, in grado di dialogare e di fondersi con le opere esposte in un'unica esperienza artistica.
Nelle parole dell'architetto Paolo Colombo, "il soffitto diventa luogo di aggregazione: dalle volte scendono infatti cubi di vetro che definiscono, fra le antiche colonne in ferro, un nuovo piano d'esposizione. L'attenzione si sposta verso l'alto dove i cubi, come geometrici nidi, disegnano un ambiente quasi "organico", fatto di linee decise e trasparenze. Il pavimento assume una funzione neutra, di semplice percorso.

Così facendo il messaggio dell'artista non è più racchiuso entro i confini dell'opera, ma si fonde con lo spazio circostante, avvolgendo lo spettatore".

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