JERRY PORTNOY L’artista bianco della musica nera

Peccato che il vero blues a Milano sia sempre più ghettizzato. I pochi artisti di grosso calibro vengono snobbati e devono ripiegare sulla provincia. Che peraltro risponde molto bene. Prendete un locale in stile western a Varedo, 5 minuti da Milano, il Milwaukee 50’s Diner (quello con la Cadillac rosa all’ingresso)che propone un’ottima programmazione blues, country et similia e che stasera «esagera» richiamando gli appassionati con lo show di Jerry Portnoy.
Un carneade per chi non segue le strade della musica del Diavolo ma un nome che conta nel giro degli appassionati dell’armonica. Non è uno qualunque Portnoy, un bianco che è riuscito a stregare con gli accenti emotivi del suo strumento persino il padre-padrone del blues di Chicago Muddy Waters, nella cui band ha militato per parecchi anni. Ha poi suonato con B.B.King, con il glorioso Johnny Young, con Hubert Sumlin, col raffinato Duke Robillard, con Bonnie Raitt, Rolling Stones mentre in Italia lo abbiamo apprezzato al fianco dell’Eric Clapton dei momenti migliori.
Portnoy ha 64 anni, è nato a Chicago e proprio lì - nella capitale del blues elettrico - ha vissuto a contatto con gli umori musicali della città. Maxwell Street, il mercato all’aperto che faceva da base a tutti i grandi artisti di colore che lì sintetizzavano le grandi tradizioni della black music, era a due passi dal negozio del papà di Jerry. In un incrocio tra suoni elettrici ed acustici Portnoy matura uno stile fatto di fraseggi fluidi e multiformi, ora raffinati ed ora esplosivi e dinamici. «L’armonica è forse lo strumento più espressivo per suonare il blues - dice Portnoy -; le sue capacità tonali sono uniche, così puoi farla cantare, parlare, piangere, lamentarsi, ruggire, chiedere perdono».
Tecnica e sentimento gli permettono ora di affiancare qualunque artista ora di essere brillante primattore, come accadrà domani, quando guiderà sulle strade del blues Guitar Ray (ovvero il bravo e italianissimo Renato Scognamiglio & la sua band Blues Gamblers).
Una serata che si annuncia eccitante e coinvolgente in una cavalcata tra brani originali di Portnoy (tratti da dischi come Hone Run Hitter o Down in the Mood Room) o classici della tradizione sul filo Mississippi-Chicago con inevitabili citazioni del re Muddy Waters.

Jerry deve tutto a Waters, con cui suonò fino al 1980 (Waters morì nell’83); nella sua ambita band (dove suonarono mostri sacri dell’armonica come Junior Wells e Little Walter)si creò una fama che stregarono persino Clapton, che da anni si avvale delle sue colorite sonorità. «Per un armonicista stare al fianco di Muddy Waters era toccare il cielo con un dito. Era il Duke Ellington del blues».

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