Ma Jian, l’atto di accusa del Solzenicyn cinese

Il nuovo romanzo "Bejing Coma" esce polemicamente in contemporanea alle Olimpiadi. E' un racconto sconvolgente sul cannibalismo nei campi di lavoro comunisti. Tutti gli editor che lo hanno letto lo considerano il libro più importante della loro vita

«È il libro più importante che abbiamo pubblicato negli ultimi anni. Siamo fieri di averlo tradotto. E speriamo che presto venga letto nelle scuole». A dirlo è una degli editor più importanti d’Europa, Olivia De Dieuleveut, responsabile della narrativa straniera per la francese Flammarion. Il romanzo in questione è Beijing Coma di Ma Jian, lo scrittore che, secondo il suo agente Andrew Wylie, - «lo squalo» che ha «cambiato la vita» a Philip Roth e Martin Amis e che conta in client list nomi come Oliver Sacks, Irving Penn, Kenzaburo Oe, tanto per dirne qualcuno - è «il più grande autore cinese della sua generazione». Definizione ripresa dal Nobel 2000 Gao Xingjian, che aggiunge: «Ma Jian è la voce più interessante e coraggiosa della Cina». E uno degli scrittori dissidenti cinesi ai quali il presidente americano George W. Bush si è rivolto ieri assicurando che porterà in Cina un messaggio di libertà quando si recherà a Pechino per le Olimpiadi.

«La più scioccante delle verità narrate nel romanzo - continua Olivia - è il cannibalismo nei campi di lavoro. Ma l’intero libro è percorso da retroscena che soltanto un intellettuale cinese può aver conosciuto e narrato. Ma Jian è l’unico scrittore cinese al mondo che sia stato insieme agli studenti durante la preparazione della protesta di piazza Tienanmen e che abbia avuto la pazienza (un lavoro costato dieci anni) e il coraggio di raccontarla in un romanzo. Pertanto questo libro è l’unica testimonianza esistente di uno scrittore su questo argomento. Per la prima volta quei giorni sono descritti in ogni dettaglio come in una conversazione tra amici e questa è l’unica occasione che il pubblico occidentale ha a disposizione per rivivere una tragedia che la Cina ha del tutto negato al proprio popolo, nella memoria e nella conoscenza. Dopo Solzenicyn e i grandi maestri europei, Ma Jian è il primo che sia stato in grado di fare della più imponente realtà contemporanea un oggetto letterario».

Come racconta in una lettera aperta ai suoi editori nel mondo, Ma Jian che, nato a Qingdao nel 1953, ha lasciato Pechino per Hong Kong nel ’87, poco prima che le sue opere fossero bandite in Cina, e oggi vive a Londra, ha avuto modo di vivere con gli studenti di piazza Tienanmen per sei settimane nell’89, di coricarsi accanto a loro nei dormitori, marciare, picconare sui picchetti delle tende durante l’occupazione, danzare sui dischi di Simon and Garfunkel, innamorarsi e litigare per le piccole cose di ogni giorno, mentre condividevano i grandi temi in interminabili discussioni notturne: «Avevo dieci anni più di loro e quella passione e idealismo mi impressionarono e insieme mi preoccuparono. Sembravano non conoscere la loro stessa storia, negare a se stessi il fatto che in passato in Cina le proteste politiche erano sempre terminate in un bagno di sangue». Ma poi, mentre il governo ordinava il massacro del 4 giugno, Ma Jian era a mille chilometri di distanza, sulle coste natie, poiché suo fratello si era rotto la testa scivolando da un marciapiede ed era caduto in coma. Se fosse rimasto a Pechino, probabilmente sarebbe stato ucciso insieme agli studenti. Quel coma gli ha salvato la vita, ma lo ha anche costretto a raccontare quel che aveva vissuto, per non dimenticare, lui per primo.

Se in Francia, dove uscirà il 18 agosto prossimo, Beijing Coma sarà «il titolo più importante della rentrée letteraria», ci ha detto ancora l’editor di Flammarion, negli Stati Uniti e in Inghilterra, dove è in libreria da pochi giorni - uscita concertata in prossimità dei Giochi olimpici - ha già scatenato l’entusiasmo della stampa: «Accade soltanto una volta in dieci anni, e forse in un’intera generazione - ha scritto il Telegraph - che un romanzo narri in modo così profondo il modo in cui guardiamo al mondo e a noi stessi». Il New Yorker lo descrive come un ritratto unico della «Tienanmen Generation», ma e lamenta che i lettori occidentali rimarranno all’oscuro di una serie di significati comprensibili soltanto ai cinesi.

I quali saranno gli unici a non potersi permettere la lettura di questo capolavoro annunciato: Ma Jian viene stampato al massimo a Taiwan - e comunque questo romanzo non arriverà in quei lidi prima dell’anno prossimo, in occasione dei vent’anni dall’eccidio di piazza Tienanmen - ed è interdetto in Cina. Punizione ancora più atroce per un autore il quale, pur vivendo a Londra e in esilio da anni, continua a parlare soltanto la propria lingua madre e rimane legato indissolubilmente al proprio Paese, che ospita ancora la sua famiglia di origine.

Sebbene Ma Jian sia già noto ai lettori italiani per Spaghetti cinesi (Feltrinelli, 2006), affresco della Cina post Tienanmen, «delle riforme denghiane, delle libertà ritrovate e dei facili guadagni», anche noi dovremo attendere quasi un anno prima di leggere Beijing Coma, come conferma il suo editor italiano, Fabio Muzi Falconi, che si è aggiudicato i diritti per Feltrinelli: «Il romanzo uscirà in Italia insieme a una raccolta di racconti, Tira fuori la lingua: la stessa che gli studenti di piazza Tienanmen tenevano nel tascapane tra aprile e giugno ’89, fino al giorno del massacro.

L’importanza politica e culturale del romanzo è assoluta: noi ci siamo aggiudicati i diritti due anni fa, ma l’anno scorso a Francoforte non si parlava d’altro. Si tratta del romanzo simbolo della dissidenza, l’unico che sia riuscito a rendere in modo universale il sentimento degli oppositori al regime comunista cinese. Ma Jian ha fatto rivivere una generazione di giovani che il regime aveva cancellato: i movimenti studenteschi di cui le nuove generazioni cinesi non sanno praticamente nulla prendono vita come in un nuovo Sessantotto: chi prepara gli striscioni, chi progetta i cordoni, chi stampa i giornali clandestini ha di nuovo un volto. E così il mutismo del governo, il massacro, la cancellazione della memoria vengono rievocati, dissolvendo il tabù. Ma Jian è l’esponente di un movimento più ampio, che vede l’affermazione della personalità individuale, in opposizione al collettivismo comunista, come unica fonte di salvezza e sviluppo dell’uomo».

Folgorata dal romanzo anche l’editor inglese Rebecca Carter, responsabile dei titoli stranieri per il colosso Random House: «Forse Proust vi sembrerà uno strano paragone, ma è a lui che ho pensato quando ho letto Beijing Coma la prima volta. Un libro lento e per questo straordinario (un grande scrittore non corre mai), di cui ho seguito la genesi per molti anni.

Un manifesto per ogni spirito umano, la vittoria dell’individuo sulla piazza, dell’uomo su una società in cui siamo ridotti a numeri. La storia cinese cancella le cose e le generazioni: Beijing Coma aiuterà cinesi e occidentali a non dimenticare».

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