Una serie interminabile di minacce, dirette e indirette, all’indirizzo del presidente del Consiglio. Una quarantina di intimidazioni, solo in parte anonime, in parte riconducibili mitomani, alla galassia antagonista (anarchico insurrezionalista) alle istanze integraliste delle frange islamiche più radicate in Europa.
Silvio Berlusconi è nel mirino. Da mesi, ancor più nelle ultime settimane, il pericolo di un’aggressione diretta, concentrata a colpire «la persona fisica» del premier, è cresciuto d’intensità. Stando alle più recenti analisi dell’Antiterrorismo elaborate all’indomani dell’aggressione in piazza Duomo a Milano, la minaccia di portare l’attacco al cuore del governo, nella persona del «nemico» Silvio Berlusconi, si è fatta più esplicita e diffusa. A preoccupare gli 007 dei reparti antieversione (Digos e Ros) è da un lato l’«effetto emulazione» che rischia di trovare consensi in quell’area movimentista, difficilmente monitorabile, che si riconosce nelle istanze della «contrapposizione attiva» del fronte parlamentare AntiCav («non si possono escludersi -scrivono - ulteriori gesti violenti ad opera di persone singole, isolate, sulle quali è praticamente impossibile agire in sede di azione preventiva»). Dall’altra è la «risposta positiva» che un gesto come quello dello psicolabile Tartaglia potrebbe suscitare negli ambienti più surriscaldati della sinistra estrema, estremista, extraparlamentare. Un’area - spiegano all’Antiterrorismo - dalla quale potrebbero attingere quelle porzioni di neoterrorismo rosso impegnate in queste ore in una complicata opera di proselitismo e ricerca di consenso (i riferimenti sono alle vecchie e nuove Br-Pcc, agli ultimi volantini dei Nuclei di azione territoriale inviati a vari quotidiani, a sigle anarchiche fin qui inedite).
Dietro le parole del ministro Maroni («il presidente del consiglio ha rischiato di essere ferito gravemente, di essere ucciso») c’è una preoccupazione diffusa a cui l’apparato di sicurezza del premier, che ha mostrato al dunque le sue falle, non ha saputo dare risposte tranquillizzanti. Quaranta e più «indicatori» di minacce, diretti e indiretti, secondo gli esperti rappresentano la fotografia di un rischio in evoluzione dovuto all’esposizione mediatica del leader del Pdl. L’idea di ripensare totalmente il «sistema» di difesa intorno al premier (tre cordoni di sicurezza) è argomento su cui stanno ragionando gli apparati dei Servizi, anche perché al posto di uno squilibrato e di una statuetta del Duomo, la prossima volta (tra la folla, dalla finestra di un palazzo, o da un auto parcheggiata) potrebbe nascondersi un terrorista e una pistola. Così come è da rivedere la prassi operativa in caso di attentato che prevede (al contrario di quanto accaduto) l’allontanamento immediato del «personaggio ferito» dal luogo dell’aggressione. L’aria è pesante: «contestazioni e aggressioni», spiegano gli 007, «crescono d’intensità». I riferimenti non vanno solo alle recenti cariche per piazza Fontana, ai disordini sulla prima alla Scala, o ai tafferugli organizzati dai centri sociali. C’è un complessivo innalzamento della tensione riscontrabile dai volantini inviati, dagli short message ai ministri e dai gruppi su Facebook, dalle buste con proiettili fino agli appelli sul web per l’eliminazione fisica del Cavaliere.
Lettere di morte, controfirmate da varie formazioni: le «Ocs» (Organizzazione contro lo stato), le «Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente», le «Br nucleo Galesi», il gruppo «Rinascita Brigate Rosse», le anarchiche «Coop-Fai», il «Comitato Anna Maria Mantini», «Onda perfetta», «Antifascimo militante»...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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