«Quando sono arrivata a New York, al Greenwich Village, avevo 18 anni e non volevo fare la cantante. Avevo in mente solo le mie idee politiche: poi ho scoperto che la musica era il miglior mezzo per esprimerle». I figli della Guerra fredda hanno consumato le puntine dei giradischi ascoltando Joan Baez; i figli di Internet la riconoscono come la regina (o meglio la pasionaria) del folk apprezzandone la coerenza, la chiarezza del canto, i legami con la tradizione popolare non solo americana.
Joan Baez è reduce dal concerto londinese di Wembley, dove ha suonato con Johnny Clegg in onore di Mandela, la settimana scorsa era in Bosnia, dove è stato girato un documentario sulla sua vita, e stasera è a Venezia, in piazza San Marco, in concerto con Vinicio Capossela (probabilmente duetteranno insieme) e Xavier Ruud (surfista e cantautore morbido in linea con Jack Johnson e Donavon Frankenreiter) a sostegno di Emergency. «Mi sento sempre una ragazza ansiosa di far qualcosa di costruttivo per gli altri», dice lunica folksinger della vecchia guardia che non ha mai cambiato né stile né idee. Il mondo gira a mille allora ma le offre sempre nuovi motivi per cavalcare la protesta; un tempo era il Vietnam e i diritti civili, oggi lIrak e il nuovo razzismo. «Negli anni 80 cera molto disimpegno in giro, oggi invece ho tante battaglie da affrontare, come negli anni Sessanta. La guerra in Irak mi tocca personalmente perché da bambina ho vissuto là quando mio padre lavorava alluniversità di Bagdad».
Anche a Venezia trasformerà la cronaca in mito (e viceversa) portando in scena il suo sterminato repertorio fatto di evergreen e di brani da lei composti. Anche fisicamente è rimasta quella di una volta; labbagliante bellezza giovanile ha lasciato spazio alla classe, i lunghi capelli corvini sono corti e un po grigi ma il volto sempre luminoso e la voce pura e potente si allunga dalle note più basse ai registri da soprano, anche se alcuni brani, come linno di Woodstock Joe Hill, ora li esegue senza forzare troppo i toni. Nel bouquet di brani in cui pesca - che spazia da Where All the Flowers Gone a ballad mai incise su disco come Finlandia), da Cera un ragazzo del glorioso Mauro Lusini ai pezzi countreggianti del nuovo album, Day After Tomorrow - prodotto dal «fuorilegge» Steve Earle - che uscirà i primi di settembre e contiene cover di Elvis Costello e Tom Waits, per finire con gli inevitabili omaggi a Bob Dylan, da With God On Uor Side a Blowin In the Wind. Dopo il grande amore con Dylan e il rapporto artistico intermittente (soprattutto in concerto) i due non si vedono più. «Sto bene così, le nostre strade sono diverse, ma i suoi brani vogliono dire molto per me e per il pubblico e quindi continuo a cantarli». Cara vecchia Joan Baez, che con il candore dellentusiasmo trasforma la tradizione in attualità, e fonde i fantasmi della ribellione anni Sessanta con il malessere di oggi.
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