Cultura e Spettacoli

John Cale: «Porto in Italia il vero art rock»

L’eccentrico artista, che ha fondato i Velvet Underground con Lou Reed, da oggi in tour

da Milano

È gallese e viene dalla avanguardia colta. Ha studiato con Aaron Copland, John Cage e LaMonte Young, ha eseguito la versione completa di Vexations di Satie in una maratona pianistica di 18 ore, ma non molti avrebbero sentito parlare di John Cale se - insieme a Lou Reed - non avesse inventato i Velvet Underground. Il primo fotogramma celebre lo vede sul palco che maneggia la viola come una clava accanto a Reed strafatto e nascosto dagli occhiali. Cale lascia presto la nave dei Velvet e non gioca a fare la rockstar come Lou Reed ma fa il solista, produce gli Stooges, Patti Smith, collabora con Eno. Impossibile ricostruire in breve la sua carriera da intellettuale della musica. L’importante è che lui sia sempre lì, a tenere acceso il fuoco sacro dell’art rock con dischi come Black Acetate e il doppio dal vivo Circus, che sarà colonna sonora del suo tour che parte oggi dal Rainbow di Milano.
Circus riassume la sua carriera.
«Non amo la prevedibilità ma questo è un modo per fare il punto sulla mia vita artistica».
Ci sono successi dei Velvet come Venus In Furs e Femme Fatale: cosa prova nell’eseguirle ora?
«Sono brani d’avanguardia ancora oggi».
I Velvet Underground erano l’avanguardia rock.
«Con maestri come John Cage e una guida come Andy Warhol non potevamo non avere un gusto artisticonon convenzionale».
Il vostro primo show fu un disastro.
«Nel 1963 in New Jersey. Eseguimmo anche Venus In Furs.Il pubblico era sconvolto, ci prese per marziani e forse lo eravamo».
Si dice che lei e Lou Reed non vi siate mai amati, anzi.
«Abbiamo personalità diverse. Il nostro feeling si è esaurito presto; a lui piace fare la star, io vorrei essere invisibile. Ogni tanto però ci troviamo a suonare. Siamo stati pionieri del rock come pura arte».
Perché se ne andò dalla band?
«Io cercavo suoni più sperimentali, inoltre le cose che durano troppo mi annoiano».
Come le è venuto in mente di portare la viola nel rock?
«Volevo suonare il violino ma a scuola, quando hanno distribuito gli strumenti, è rimasta solo la viola, così ho pensato: con questa non mi noterà nessuno, a meno che non la trasformi in qualcosa di nuovo».
Le pesa l’eredità dei Velvet?
«Non voglio imitare il passato. I Velvet Underground sono una band unica. Ora ci sono io col mio gruppo e con le nuove canzoni. Remo controcorrente e oggi il mio mondo è fatto più di rock che di sperimentalismo».


E lei come si considera?
«Un tradizionalista, ma gli altri mi prendono per un anticonformista».

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