«Uomo libero, tu amerai sempre il mare!», sentusiasma in una sua poesia il metropolitano Baudelaire. Ma cè anche chi non la pensa così. Virgilio, nella quarta egloga, suggerisce che una volta adulti ci si allontana dalle forme indistinte e vaghe del mare, dai suoi infiniti alibi, per vivere la terra. O Marina Ivanovna Cvetaeva, autrice, in una delle sue lettere, di uno dei pensieri più disincantati sulle distese oceaniche: «Così tanto spazio, e non poterci camminare». Daltra parte, era una donna di terra. Possiamo però consolarci. È uscito ora un libro che lautore di Ventimila leghe sotto i mari e Michele Strogoff scrisse nel 1877 su commissione del suo editore Hetzel, desideroso di mettere in catalogo un saggio che avesse lo spirito e lo stile del romanzo di avventure e di viaggi: I grandi navigatori del Settecento (Medusa, pagg. 432, euro 23).
Si tratta di un volume capace di procurare tante delizie dellimmaginazione quante sono le onde delloceano, e non solo agli appassionati di Jules Verne. Ma con questo autore sarebbe strano se così non fosse. Soltanto i nomi dei luoghi che il lettore incontra pagina dopo pagina potrebbero fecondare i suoi sogni per molti anni: la riviera di Canton, porto Desiderato, isole del Pericolo, Batavia, Kamchatka, Macassar, Rio Negro, Orenoco, passaggio di Mercurio... Luoghi reali, ma paiono poesie. Jules Verne per primo era affascinato da quella «mania di imporre nomi nuovi a tutti i luoghi che allora si visitavano». Mania poetica, mania dartista. Che solo un grande scrittore poteva antologizzare con una sapienza narrativa così emozionante.
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