Londra
Un giallo in cui le indagini sono condotte in prima persona da Sir Arthur Conan Doyle - un errore giudiziario smascherato dal creatore di Sherlock Holmes - riemerge dopo un secolo di oblio nel nuovo romanzo di Julian Barnes, Arthur&George (ed. Jonathan Cape), del quale si parla già come del probabile vincitore del «Man Booker Prize», tra qualche settimana, quando in pista - eliminati in partenza Rushdie, MacEwan e Coetzee - ci saranno anche John Banville, Kazuo Ishiguro e Zadie Smith. Una storia dimenticata di pregiudizi e razzismo nel cuore dellInghilterra imperiale: il caso di George Edalji, un giovane avvocato di Birmingham di origini indiane condannato senza prove a sette anni di lavori forzati nel 1903, aveva suggerito allo storico Douglas Johnson una sorta di parallelo britannico con il caso Dreyfus. Non cera laccusa di alto tradimento ma cera tutto il resto: razzismo, imputazione di anomalia sessuale, sospetti, manipolazione delle prove da parte delle autorità, una copertura dellestablishment. La vicenda aveva anche il suo Zola in Conan Doyle che scrisse pamphlet, lettere e articoli in cui accusava polizia e magistrati di aver dichiarato colpevole un innocente.
Riaprendo il caso sotto forma di romanzo dopo sopralluoghi degni di Sherlock Holmes e una minuziosa ricerca negli archivi, Julian Barnes, con la prosa elegante che gli ha guadagnato diversi riconoscimenti letterari europei - il Prix Médicis e il Grinzane Cavour per il romanzo Il pappagallo di Flaubert - ne fa un romanzo squisitamente edoardiano, tessendo sulla tela del giallo le biografie parallele dei due protagonisti: una pagina per Arthur una pagina per George, due opposti. Arthur è scozzese, cattolico, conscio della propria discendenza aristocratica; George è mezzo indiano, figlio di un immigrato di Bombay di religione Parsi convertito e divenuto parroco della Chiesa dInghilterra. Arthur è pieno di immaginazione, diventa medico e poi scrittore; George è concreto e diventa avvocato. Arthur è esuberante, pieno di energia, si sposa due volte; George è sedentario, di aspetto timido, solitario, scapolo. «Tu e io, George, siamo due inglesi non ufficiali», dice Arthur quando sincontrano per la prima volta, e in questo spirito Conan Doyle si accinge a difendere lamico.
La vicenda, mai chiarita del tutto, comincia nel 1903, nel paesino di Great Wyrley in Staffordshire, non lontano da Birmingham. Un giorno nel giardino della parrochia viene trovato un coniglio infilato da un forcone. In seguito lettere anonime, oscene e sgrammaticate scivolano nella cassetta. Sul giornale locale compaiono annunci in cui si legge che il parroco dirige unagenzia matrimoniale, vende concime di cavallo e su richiesta biancheria intima alle signore. Quando il parroco avverte la polizia di questa strana persecuzione le cose prendono una piega macabra. Nei dintorni vengono trovati cavalli e capi di bestiame barbaramente mutilati. Presto la stampa parla dei Great Wyrelys Outrages, e i sospetti cadono proprio sul figlio del parroco, quel giovane avvocato di impeccabile onestà. George Edalji, con il solo torto di avere una faccia che non piace, viene dichiarato colpevole e condannato.
E qui entra in gioco Conan Doyle che indaga sulloscuro caso, mobilita la stampa, coinvolge il Parlamento, accusa le alte sfere. Quando, scontati tre anni di pena, George è finalmente dichiarato innocente (il suo caso portò allistituzione in Inghilterra della Corte dappello criminale), una blanda inchiesta del ministero degli Interni concede a Edalji la grazia per un crimine che non ha commesso, ma rifiuta le scuse e il risarcimento economico dichiarando non colpevoli polizia e magistrati. George accetta i soldi della colletta promossa dai giornali, ma la sua vita ricomincia in un limbo.
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