Torino - Pazza Juventus. E stavolta è davvero finita: addio ai sogni di Champions, non resta che sperare nella vittoria del Milan stasera contro il Palermo in semifinale di Coppa Italia per garantirsi la partecipazione all'Europa League. Addio anche a Gigi Delneri. Il dg Beppe Marotta è stato chiaro: «Delneri ha i requisiti contrattuali per essere l’allenatore della Juventus anche l’anno venturo ma la società si sta muovendo diversamente». «Licenziamento» a due giornate dal termine, come Ranieri. Ma per ora non c’è nessun Ferrara. Fino a ieri, il tecnico di Aquileia aveva conservato la possibilità di mantenere il posto, ma a questo punto la sua posizione non è più difendibile.
Contro il Chievo, si è assistito alla riedizione della follia vista contro il Catania: in vantaggio di due gol, i bianconeri si sono fatti raggiungere. Non più nel recupero, ma intorno alla metà della ripresa. La sostanza non cambia. Le ultime due partite, contro Parma e Napoli, saranno utili soltanto per le statistiche.
La serata bianconera, in una Torino tiepida e ancora intontita dalla sbornia procurata dall'invasione degli alpini, cominciava nel migliore dei modi: Chievo timido, Juve arrembante e con tanta voglia di chiudere in fretta la pratica. Quasi logico il gol nel primo quarto d'ora: cross di Motta, trattenuta di Sardo su Pepe e rigore trasformato da Del Piero, che festeggiava così nel migliore dei modi il rinnovo del contratto. Per quel che vale, 11° gol stagionale e anche quest'anno miglior marcatore bianconero. Sorrentino diceva poi no ad Aquilani («il mio futuro? Può succedere di tutto, ma io sono sereno»), che appena dopo il ventesimo si mangiava una ghiotta occasione calciando alto. La Juventus era padrona del campo e la relativa consistenza fisica del Chievo faceva anche sentire meno l'assenza di Melo, sostituito da Marchisio centrale con l'inserimento di Pepe a sinistra. Jokic saggiava il piazzamento di Buffon («non si vende», implorano le due curve), Pellissier ci provava su punizione e qualcosa in più gli ospiti provavano a costruire con il passare dei minuti, favoriti anche da un paio di errori in fase di costruzione di Aquilani. Prima di metà gara, Sardo impediva a Matri il colpo di testa che avrebbe potuto quasi chiudere il match, ma poi era il Chievo ad arrivare meglio al riposo: un fuorigioco sbagliato da Chiellini, abbinato a un paio di mezze sbavature di Motta, facevano balenare all'Olimpico lo spettro della rimonta subita dal Catania in tempi recenti. Ecco: la Juve si illudeva di non vivere una serata come quella quando, dopo una decina di minuti della ripresa, una pennellata di Del Piero in profondità armava il destro chirurgico di Matri. Doppio vantaggio servito e, per l'ex cagliaritano che non segnava da un mese, rete numero 8 in 14 presenze con la Juve: abbracci liberatori per tutti, anche se poi Krasic, tutto solo in mezzo all'area, si mangiava un gol pressoché fatto. Il pubblico poteva così scatenarsi nei soliti insulti verso interisti e milanisti, mentre la Juve pareva incamminarsi verso la quinta vittoria negli ultimi otto incontri.
Come non detto, invece: due minuti di follia nel vero senso del termine riportavano il Chievo a galla. Uribe, appena entrato, ribadiva in rete un pallone finito sul palo dopo una deviazione di Grosso. E, una manciata di secondi dopo, altro palo di Pellissier e tap in di Sardo. Pareva un film già visto, appunto: stadio nel panico, «rivogliamo la vera Juve» urlato a squarciagola, sguardi increduli tra i giocatori e assalto all'arma bianca fino alla fine.
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