Guerra aperta tra la Juventus e la Federazione Italiana Gioco Calcio. In anticipo sui tempi previsti, anche. Ieri mattina, meno di una settimana dopo la sentenza del Tribunale di Napoli che condannava Luciano Moggi per associazione a delinquere ma dichiarava la società estranea ai fatti, la Juventus ha presentato un ricorso al Tar del Lazio chiedendo un risarcimento danni di quasi mezzo milione di euro. Non basta. In serata, è arrivata notizia di un altro esposto: la Signora ha infatti chiesto al Prefetto di Roma «di esercitare i poteri di controllo e vigilanza sulla Figc; di ordinare l’immediata sospensione del provvedimento del Commissario Straordinario della stessa Figc, l’avvocato Guido Rossi, in data 26 luglio 2006 e della delibera del Consiglio Federale in data 18 luglio 2011; di ordinare lo scioglimento del Consiglio Federale nominando un Commissario Governativo».
«Juventus intende far accertare la mancanza di parità di trattamento e le illecite condotte che l’hanno generata ottenendo il risarcimento agli ingenti danni che sono prudenzialmente stimati in diverse centinaia di milioni», era quanto si leggeva nella nota bianconera che annunciava l’esposto al Tar notificato negli uffici della Federazione e nella sede dell’Inter, società citata in quanto contro interessata, ovvero beneficiaria dell’assegnazione dello scudetto 2006. E così, in attesa che il Tnas dichiari la propria competenza a decidere sulla revoca del titolo 2006 poi assegnato ai nerazzurri, la Juventus si è portata avanti. Senza violare la clausola compromissoria - la legge 280 del 2003 prevede infatti che eventuali risarcimenti economici non vadano richiesti alla giustizia sportiva, ma esclusivamente al Tar del Lazio - la società di corso Galileo Ferraris è tornata a reclamare giustizia. E a battere cassa, se è vero che l’avverbio «prudenzialmente» usato nel comunicato nasconde la (pazzesca) cifra di oltre 443 milioni di euro tra svalutazione del marchio (110), deprezzamento del titolo azionario (133), mancati introiti per i diritti tv (41,6), giocatori svalutati o ceduti sottocosto, la mancata partecipazione alle coppe europee (79,1) e l’inevitabile minore incasso dalla vendita dei biglietti. «In questo Paese non tutti mantengono quello che dicono - ha poi spiegato Andrea Agnelli -. Noi oggi abbiamo solamente dato corso a qualcosa che avevamo ampiamente descritto nel corso dell’estate. Alcune istituzioni hanno l’abitudine di far trascorrere i termini, altre no. Moratti si è lamentato per l’inopportunità del giorno, vista la consegna del Premio Facchetti a Michel Platini? Mi piace ricordare che l’Inter è un danno collaterale: la nostra ricerca per la parità di trattamento va verso chi ha giudicato nel 2006 e nel 2011. Noi abbiamo bisogno di fare chiarezza con la Federazione Italiana Gioco Calcio».
Via al Tar, allora. Ed eventualmente al secondo grado di giudizio amministrativo: «Il mondo del calcio è troppo pieno di avvocati, ce ne sono di più rispetto a procuratori, dirigenti e calciatori - ha commentato Gianni Petrucci, presidente del Coni -. Non entro in merito alle questioni, ma è la Figc che deve far rispettare le regole. Io dico sempre che quando si entra nel mondo del calcio si conoscono le regole: non è che i presidenti possono decidere solo perché mettono i soldi». Bordata numero uno ad Agnelli. E la numero due, ancora più stizzita, è arrivata da parte del presidente federale Giancarlo Abete: «Noi abbiamo avuto lo stile di non commentare la sentenza del Tribunale di Napoli, manterremo il nostro atteggiamento e la nostra coerenza. L’iniziativa era annunciata ma non era questo il giorno giusto per presentarla. Ognuno ha il suo stile. La Federazione ha la coscienza di operare nel pieno rispetto dei ruoli e delle norme vigenti, con grande considerazione per tutti i protagonisti di una vicenda cominciata nel 2006 e che purtroppo andrà ancora avanti per diversi anni». Su questo nessun dubbio, anche se il Tar dovrebbe poter arrivare alla sentenza di primo grado entro un anno.
E dal momento che una risata non seppellirà il tutto, meglio prepararsi a nuove battaglie giuridiche e colpi di scena. «Abbiamo i mezzi, le capacità e le conoscenze per agire al di là della giustizia sportiva», aveva avvertito Agnelli il 6 luglio. Detto e fatto.
Senza nemmeno dimenticare che l’8 settembre Abete ha partecipato - invitato - all’inaugurazione dello stadio di proprietà bianconera: quel giorno, di fronte allo sfoggio dei 29 scudetti, il numero uno della Federazione se ne era stato zitto augurandosi appunto che si potesse ancora evitare il muro contro muro. Impossibile, a questo punto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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