Alla Juve e all’Italia adesso serve il vero Buffon

Forse ha ragione Gigi Buffon. «Prandelli è la prima pietra su cui costruire la nuova Nazionale» sostiene il portiere numero uno di Italia e Juventus raccogliendo più di un consenso. Ma non è solo attraverso il lavoro di un ct, apprezzato dai media e stimatissimo a Coverciano, che si può misurare la cifra tecnica e il destino del club Italia, atteso da una complicatissima rifondazione. Forse ha sempre ragione lo stesso Buffon, più avanti. «Cassano, Balotelli e Rossi possono diventare gli eredi di Totti e Del Piero» è il suo pronostico, anche qui da sottoscrivere ma al momento appare più come una fede nelle qualità inespresse del trio fantasia vestito d’azzurro. Ma è lecito al momento coltivare più di un dubbio, non in forza del talento purissimo dei tre, ma dell’opportunità di schierarli insieme e ancora di ottenere dalle loro perfomances quei gioielli di gol e di risultati che illuminarono la carriera azzurra dei loro predecessori, in Germania per esempio. Alla fine ha di sicuro ragione Buffon nello spiegare il diverso umore tradito alla fine del mondiale disastroso in Sud Africa e l’ottimismo mite di queste ore, prima di viaggiare nell’inferno di Lubiana per riscuotere, in clamoroso anticipo sulle previsioni, il successo che può valere la qualificazione. «Allora sostenni che avremmo faticato a raggiungere il traguardo di Euro 2012, dando voce a un momento di grande amarezza. Ora possiamo vincere e chiudere i conti senza dimenticare che la Slovenia è un esponente del calcio emergente» ecco la ricostruzione del passaggio dal cupo pessimismo al sorriso beneaugurante di oggi.
Buffon ha quasi sempre ragione, anche quando racconta dei difetti della Juve attuale («abbiamo buttato via il secondo posto, ci manca la forza caratteriale nei momenti difficili della stagione, Delneri è l’ultimo dei problemi») e quando sentenzia che «l’Inter è favorita per lo scudetto ma il Milan è più forte» che non è poi una contraddizione ma deve concordare con noi che sia la Nazionale che la Juventus hanno bisogno, adesso e non domani, del miglior Buffon possibile. Che non è di sicuro parente di quello incerto e anche fuori tempo visto col Brescia, e neanche quello che si lasciò stregare dalla “ciofeca“ di Gattuso, sbiadita fotocopia del Buffon che nell’estate del 2006 scortava l’Italia di Lippi incoraggiando qualche esordiente tipo Barzagli gridandogli prima di affrontare l’Ucraina «tanto non mi fanno gol, stai tranquillo». Di quel Buffon ha bisogno lo stesso Gigi se è consapevole dei suoi attuali ritardi fino al punto di confessare che «io fisicamente sto bene, gli errori ci stanno in un processo di ripresa». Come dire: è vero, ho commesso qualche sfondone di troppo. E se lo ammette lui che è l’indiscusso numero uno del ruolo, bisogna fidarsi.

Non solo del portierone ma anche dell’uomo capace di garantire un futuro senza politica, di commuoversi dinanzi al dramma di qualche sfortunato bambino oppure al cospetto del tormento tradito da Balotelli cui spedisce i suoi consigli da fratello maggiore («a 20 anni non domina l’istinto, ma tra uno o due anni sarà più maturo»). Questo è il Buffon di cui abbiamo bisogno per sentirci meno in balia dello strapotere straniero.

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