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La Juve non vince più Ranieri: «Io a casa? Me lo dica la società»

TorinoUn incubo che continua. La Juve non batte nemmeno il Lecce, rinvia l'appuntamento con la vittoria che manca dal 21 marzo e subisce l'ennesima contestazione da parte dei suoi tifosi. Il Milan scappa e adesso la truppa bianconera deve guardarsi le spalle: vero che i cinque punti di vantaggio nei confronti della Fiorentina sono in realtà sei grazie al vantaggio nei confronti diretti, vero anche che di questo passo ogni dote può essere sperperata. «Voglio che la squadra reagisca, evitare i preliminari di Champions è diventato adesso il nostro obiettivo», è il commento finale di Ranieri. Abbacchiato come mai. Isolato, anche. Nessun dirigente si è presentato alla stampa nel post partita. Eppure ce ne sarebbe stato più di un motivo: tutti sono stati mandati a quel paese durante la partita, Cobolli Gigli e Secco addirittura per nome e cognome. Blanc - probabilmente perché il suo nome non si presta ad alcuna rima -, è stato accomunato agli altri due all’urlo di "dirigenza vaff...". «Non voglio essere tirato in mezzo in situazioni che non mi competono», si trincera invece Ranieri. Insultato anche lui, sbeffeggiato, invitato ad andare a casa a più riprese. Tifo contro dal primo all'ultimo minuto, eccezion fatta per i momenti dei gol di Nedved e per qualche incitamento nei confronti di Buffon, dello stesso ceco e di Iaquinta: idoli a prescindere, e comunque gente che non tira mai indietro il piede. Giusto così, insomma: anche perché il biondo di Cheb ha illuso il popolo con la seconda doppietta stagionale infiocchettando le sue reti in mezzo al vantaggio di Konan e all’incredibile pareggio finale di Castillo. Esultando sotto la curva Sud e facendo finta di non avere sentito nulla di quanto urlato a squarciagola da migliaia di tifosi delusi: «Cannavaro non lo vogliamo», «Andate a lavorare», «Avete tutti le corna» e avanti anche con una certa dose di ironia: «Dirigenza portaci Zambrotta», «Emerson lalalalala», «Luca Vialli segna per noi», «Forza Bettega», «Antonio Conte è il nostro capitano» e chi più ne ha più ne metta. Compreso un «Luciano Moggi» che ha riscosso enorme successo e al quale si sono uniti buona parte degli altri spettatori presenti allo stadio. Eppure, a fine partita, né Cobolli Gigli né Blanc e neppure Secco hanno sentito il bisogno di apparire per spiegare, motivare, argomentare. Solo Ranieri lo ha fatto, assumendosi tutte le responsabilità e magari dicendo anche una piccola bugia quando ha negato contrasti e magari litigate durante l'intervallo: «Non è successo nulla, ci siamo solo incitati a non mollare». In realtà Buffon è tornato in campo in fretta e furia, scuotendo la testa, dopo un paio di minuti appena: qualcuno dice che siano volate parole grosse, altri che si sia arrivati quasi alle mani. Chiaro che nessuno confermi: di sicuro, Del Piero e Camoranesi sono stati sostituiti e la Juve della ripresa è apparsa un minimo più volenterosa e quadrata di quella del primo. «La squadra è una sola, io faccio le mie scelte per il bene di tutti - sono le parole di Ranieri - e non penso ai vecchi o ai giovani. Se sbaglio come i tifosi mi fanno notare, devo andare a casa, anche se questa è una decisione che spetta alla società. I fischi? Ci stanno, sempre. Siamo la Juve, siamo professionisti, dobbiamo saper accettare tutto e ripartire. Fino a un mese fa stavamo facendo benissimo, adesso stiamo sporcando la nostra stagione e non va per nulla bene. La colpa di quanto sta succedendo è solo nostra. Non mi spiego perché in settimana i ragazzi corrano sprizzando entusiasmo e poi la domenica vadano in difficoltà». Se non se lo spiega lui, forse il problema è altro e riguarda la voglia di remare tutti dalla stessa parte: «Se fosse così, la squadra non reagirebbe una volta andata in svantaggio».

L'ultima immagine è il flash che regala il tecnico romano: «Io voglio restare, ci mancherebbe».

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