Kabul ammette: «I talebani sono ovunque»

Lo ha ammesso il ministro dell’Interno, Muhammad Munir Mangal, che ha rivelato che a tre mesi dalle elezioni del 18 settembre 2010, «solo nove dei 364 distretti afghani possono essere considerati totalmente sicuri». Una conferma che i talebani, insomma, sono ovunque in Afghanistan. La prova che il presidente Hamid Karzai non sbaglia poi strada quando pensa di accelerare il processo di riconciliazione nazionale aprendo all’opposizione degli estremisti islamici e che corretta è anche la richiesta del capo delle Forze militari internazionali, generale Stanley McChrystal, quando domanda altro tempo prima di lanciare l’Operazione Hamkari (in dari Cooperazione) nella provincia meridionale di Kandahar.
Secondo quanto riferito dal responsabile dell’Interno, dunque, la realtà sul terreno è che da oltre un mese i talebani hanno avviato l’offensiva «Al Fatah» (Vittoria) sostenendo forti perdite di militanti ma mostrando capacità di colpire non solo nei loro bastioni tradizionali (sud e est) del paese, ma anche in quello che era il tranquillo nord. Quasi mai si tratta di scontri aperti con esercito afghano e Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf), ma di imboscate, operazioni di guerriglie ed uso indiscriminato di autobomba, kamikaze e rudimentali ordigni esplosivi (ied). Da parte loro Isaf e Nato hanno applicato la nuova dottrina McChrystal che prevede il presidio delle zone più popolate, moltiplicando le operazioni di bonifica del territorio che si risolvono spesso in molti insorti uccisi o arrestati, e con il sequestro di armi, munizioni e, spesso, stupefacenti.
È impossibile tenere il conto dei talebani eliminati, e anche dei civili vittime incolpevoli degli scontri, mentre per le perdite militari straniere la ong www.icasualties.org sostiene che il 2010 può essere l’anno più cruento dall’inizio dell’intervento nel 2001 poiché finora in ogni mese si è avuto un record di morti rispetto al passato. Dopo aver testimoniato davanti a una Commissione parlamentare sulle prospettive di sicurezza per le legislative di settembre, Mangal ha spiegato che oltre ai nove distretti afghani sicuri, «altri 114 affrontano minacce serie, 50 rischi medi e 191 pericoli solo lievi» da parte dei talebani.
«La polizia farà tutto il possibile per assicurare la normalità del voto - ha concluso Mangal - ma va detto che dei 6.835 seggi previsti, 3.840 hanno gravi problemi di sicurezza, 2.000 un rischio medio o basso e un migliaio nessun problema». Bisogna dire che il lavoro di formazione delle forze di sicurezza afghane, per troppo tempo trascurato, funziona ora a pieno regime, anche per le scadenze poste dal presidente Barack Obama per il ritiro dei primi soldati Usa nel 2011. Ma dire quando esercito e polizia afghani saranno in grado di assumersi realmente la tutela del territorio nazionale è impresa ardua, ed è probabile che in ogni caso questo potrà avvenire con più probabilità solo in presenza di un qualche accordo con i talebani.

Si tratta di una questione vitale anche perché, come ha avuto modo di ricordare ieri il ministro delle Miniere Wahidullah Shahrani, parte delle enormi ricchezze afghane nascoste nelle viscere della terra, si trovano in zone dove «esistono problemi di sicurezza».

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