«Kamasutra» finisce nel mirino della Procura

Aperta un’indagine contro ignoti sul virus che colpì i pc di Palazzo Marino a inizio febbraio

Enrico Lagattolla

«Kamasutra», il virus informatico che all’inizio di febbraio ha messo in ginocchio i 150 server del Comune, finisce nel mirino della Procura. Il pubblico ministero Gianluca Braghò, infatti, ha avviato un’indagine ipotizzando i reati di accesso abusivo a un sistema informatico, attentato a impianti di pubblica utilità, diffusione di programmi diretti a danneggiare un sistema informatico e interruzione di pubblico servizio.
Il fascicolo, al momento a carico di ignoti, è stato aperto d’ufficio. Nessun esposto da parte di Palazzo Marino, dunque, né in particolare dell’assessorato ai Servizi civici, che per primo, l’1 febbraio, era stato colpito dall’«attacco». L’assessore Giancarlo Martella, infatti, aveva già chiesto all’indomani del black out che venissero fatti degli accertamenti sulle macchine «infettate» da Kamasutra. Una verifica che gli agenti della Polizia postale hanno cominciato ad effettuare da subito, e che si sta protraendo in questi giorni.
Resta da chiarire, infatti, se l’infezione sia dovuta a un attacco esterno, a un gesto deliberatamente doloso originato all’interno degli uffici del Comune, o se invece si sia trattato semplicemente di un uso «maldestro» delle macchine. Lo stesso Martella, poco più di due settimane fa, aveva dichiarato di ritenere che «il primo pc sia stato infettato attraverso un collegamento ad un sito pornografico».
Il rischio di Kamasutra, in realtà, era noto in tutto il mondo almeno dal 2 dicembre, e i primi problemi il Comune li aveva già registrati il 31 gennaio negli uffici di via Larga, Pirelli e Beccaria. I tecnici avevano effettuato una prima bonifica, che in seguito si era rivelata inutile. Si trattava del virus «Spy Bot», in grado di generare un traffico anomalo, che aveva aperto la strada al più temibile Kamasutra. Il virus, infatti, riesce ad azzerare la memoria di un computer il giorno 3 di ogni mese, dopo aver disattivato gli antivirus.
Quindi si decide per un black out «controllato», a partire da giovedì 2 febbraio. Diecimila pc, collegati a 150 server, vengono spenti per evitare che l’infezione dilaghi, e i danni diventino incalcolabili. In realtà è già tardi.

Non meno di 250 macchine sono inutilizzabili, focolai di infezione restano per quasi una settimana nel 25 per cento dei computer in dotazione al Comune. Unica consolazione, non sembra che si siano verificate perdite di dati.

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