Cultura e Spettacoli

«Kamen’», una pietra lanciata nello stagno immobile della poesia

Viaggio alla scoperta dei laboratori d’idee (cartacei) dell’Italia di oggi. Si parte con un progetto di poetica forte al di là dei recinti accademici

Guido Conti Si dice che le riviste letterarie in Italia non contino più nulla. Ho sentito professori affermare che, dopo le riviste storiche come Lacerba o La Voce, le riviste letterarie, di poesia, d’arte e cultura, abbiano perso il loro ruolo strategico. Contro le affermazioni di una cultura purtroppo accademica miope e tristemente chiusa nelle antologie dei professori che vogliono imporre un canone letterario e un ’900 ancora tutto da riscrivere, ci siamo riproposti di andare alla ricerca delle riviste letterarie di oggi, per sondare la reale portata di questi laboratori d’idee.
Cominciamo il nostro viaggio con Kamen’. Nata a Lodi nel 1991 e giunta al 28° numero, Kamen’ - dal russo «pietra», in omaggio alla raccolta di versi di Osip Mendel’stamp - nasce per ripensare la forma della «rivista di poesia». Il direttore e fondatore Amedeo Anelli, ha saputo riunire attorno a sé un gruppo di intellettuali italiani e stranieri di portata europea: Daniela Marcheschi, Luigi Commissari, Daniela Cremona, Gianni d’Amo a cui si sono uniti Stefania Sini, Birgitta Trotzig, Christine Koschel, Richard H. Weisberg. Contro la rivista contenitore o almanacco, e contro la rivista letteraria da sfogliare, Kamen’ si contrappone con un modello di progetto «a lunga gittata». Amedeo Anelli lo ribadisce: «Nelle riviste italiane mancavano l’approfondimento, la sistematicità di scelte tali da offrire riflessioni, interpretazioni, dissensi e consensi forti. Bisognava riaffermare un principio di responsabilità della cultura nella cultura, un pensiero vòlto “a cambiare il cambiamento”, non a esserne passiva pedina». La formula del semestrale è quella monografica, che permette di affrontare i vari argomenti nel modo più completo e approfondito. E le scelte di Kamen’ sono scelte forti. Una serie è stata dedicata a Giacomo Noventa e al filosofo quasi dimenticato Dino Formaggio. Letture complesse, con una idea di lettura come approfondimento e meditazione. «L’intenzione - continua Anelli - era quella di porre l’accento sulle tradizioni della poesia di pensiero a forte radicamento etico, senza equivoci col pensiero poetante, e questo per l’avversione verso poetiche di origine idealistica radicate nelle aporie romantiche della modernità, da denunciare e da tentare di risanare». Un progetto ambizioso, con un’idea di poesia che abbandoni le lanche morte della poesia contemporanea italiana, per ricollegarsi a tradizioni europee più avanzate. Per questo Kamen’ ha pubblicato e tradotto poeti di varie geografie europee, come Karin Boye, Birgitta Trotzig, Christine Koschel, per citarne alcuni, Urszula Koziol, Herberto Herder, António Ramos Rosa.
Kamen’ ha l’ambizione di riallacciare, com’è sempre stato, il rapporto tra poesia e scienza, tra poesia e astrofisica, tra poesia e metafisica, la poesia con tutti i rami della cultura, togliendola dall’isolamento asfittico in cui è stata relegata negli ultimi decenni. «C’è inoltre un enorme lavoro da fare sul Novecento in sede storiografica - continua Anelli - per la crisi in cui versa l’italianistica. Bisogna lavorare sul Novecento per restituirlo alla molteplicità delle tradizioni: da qui nasce l’attenzione a personaggi come Carlo Michelstaedter, Giacomo Noventa, Rodolfo Quadrelli, Alfonso Gatto, Giuseppe Pontiggia, Giancarlo Buzzi, per valorizzare autori non epigonali, che si muovono fra tradizioni forti o eccentriche rispetto alla vulgata odierna». E anche qui le scelte non sono accomodanti, ma sempre sotto l’egida del rigore formale e di ricerca del gruppo di Kamen’: «Giampiero Neri, Guido Oldani, Pier Luigi Bacchini, Remo Pagnanelli, Roberto Piumini per la non distinzione tra autori per gli adulti e l’infanzia».

Scelte coraggiose contro il ciarpame tardo simbolistico e con le tradizioni che lo alimentano, contro gli epigoni, nella scelta di una modernità vera, coraggiosa, antiretorica, all’insegna di una ricerca delle tradizioni più vive e più vere del Novecento, capaci di rifondare così il passaggio al nuovo millennio.

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