Si dice comunemente che la scena è - o debba essere - «specchio dei tempi». E, in effetti, sia che si ostini a far sentire la sua voce su problematiche attuali sia che utilizzi le parole del passato con piglio e finalità moderne, il (buon) teatro si sorregge sempre e comunque su un bisogno di dire e di far pensare. Dimostrazione ne sono alcuni titoli in programma questa settimana. A partire dalla nitida riesamina nel conflitto arabo-israeliano proposta da Loves kamikaze di Mario Moretti, che approda allEliseo da stasera nella regia di Claudio Boccaccini con Valentina Chico e Francesco Siciliano per interpreti. Naomi è ebrea. Abdel è palestinese. Si amano e, nascosti nel sottosuolo dellhotel Hilton di Tel Aviv, portano allo scoperto le tante fragilità di una condizione insostenibile e disumana (repliche solo fino a domenica 26). Assai vicino a questo lavoro per temi appare la pièce attesa al teatro dellOrologio sempre da stasera: si intitola Testa o croce? Lora dei perché di una terza B, lo ha scritto Federica Festa (anche unica interprete) e colpisce per loriginalità e lintelligenza con cui, attraverso una lezione di «pseudo-italiano» della professoressa Spini, ci invita a discutere sullopportunità o no di avere i crocefissi appesi nelle aule scolastiche e, soprattutto, sul significato profondo che la croce cristiana riveste nella nostra cultura (in scena fino al 9 aprile).
Di tutt'altro genere ma non meno spalancato sulloggi, lultimo monologo di Laura Curino (coautrice insieme con Michela Marelli) che, intitolato emblematicamente Una stanza tutta per me (ovvero: se Shakespeare avesse avuto una sorella), arriva al Piccolo Eliseo domani. Ispirandosi al celebre libro di Virginia Woolf Una stanza tutta per sé la Curino (diretta qui da Claudia Sorace) ci regala unarguta riflessione sullarte, sulla libertà di espressione (al di là e a prescindere dal sesso di appartenenza) e, ovviamente, sulla condizione della donna (repliche fino al 2 aprile). Temi che in parte ritroviamo nel dirompente allestimento de Le intellettuali di Molière firmato da Arturo Cirillo e in cartellone al teatro India (sala B) anchesso da domani. Andato in scena per la prima volta nel 1672, il testo si presta qui a un originale «festival dellaria fritta» che, pur tenendo fede alla trama (un ingarbugliato plot di amori negati, snobismi intellettuali, parodistici tentativi di emancipazione femminile), evita la strada della semplice attualizzazione per imboccare, piuttosto, quella della farsa corale, del gioco scenico, del linguaggio «pacchiano», del barocchismo spinto alleccesso.
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