«Karol è sempre vicino: lo sento e lo vedo parlare»

Pubblichiamo uno stralcio dell’intervista televisiva che Benedetto XVI, in occasione dell’anniversario dell’elezione del precedessore, ha rilasciato a padre Andrzej Majewski, responsabile dei programmi cattolici della Tv pubblica polacca. Il testo è stato reso noto dalla Radio vaticana e la versione integrale si può leggere nel sito www.vaticanradio.org. Nell’intervista il Papa annuncia che il prossimo giugno andrà in Polonia

Quando ha conosciuto il cardinale Wojtyla?
«Da amici universitari avevo anche sentito della sua filosofia e della grandezza della sua figura di pensatore. Ma come l’incontro personale la prima volta si è realizzato per il conclave del ’78. Dall’inizio ho sentito una grande simpatia e, grazie a Dio, immeritatamente, il cardinale di quel tempo mi ha donato fin dall’inizio la sua amicizia. Sono grato per questa fiducia che mi ha donato, senza i miei meriti. Soprattutto vedendolo pregare, ho visto e non solo capito, ho visto che era un uomo di Dio. Questa era l’impressione fondamentale: un uomo che vive con Dio, anzi in Dio. Mi ha poi impressionato la cordialità, senza pregiudizi, con la quale si è incontrato con me. In questi incontri del pre conclave dei cardinali, ha preso diverse volte la parola e qui ho avuto anche la possibilità di sentire la statura del pensatore. Senza grandi parole, era così nata un’amicizia che veniva proprio dal cuore e, subito dopo la sua elezione, il Papa mi ha chiamato diverse volte a Roma per colloqui e alla fine mi ha nominato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Dunque non è stata una sorpresa la convocazione a Roma?
«Per me era un po’ difficile, perché (…) mi sentivo quindi molto obbligato e legato alla diocesi di Monaco. C’erano poi dei problemi difficili che non erano ancora risolti e non volevo lasciare la diocesi con dei problemi non risolti. Di tutto questo ho discusso con il Santo padre, con grande apertura e con questa fiducia che aveva il Santo padre, che era molto paterno con me. Mi ha dato quindi tempo di riflettere, egli stesso voleva riflettere. Alla fine mi ha convinto, perché questa era la volontà di Dio. Potevo così accettare questa chiamata e questa responsabilità grande, non facile, che di per sé superava le mie capacità. Ma nella fiducia alla paterna benevolenza del Papa e con la guida dello Spirito santo, potevo dire di sì».
Quali sono i punti più significativi del pontificato di Giovanni Paolo II?
«Riguardo al mondo, mi sembra che il Santo padre, con i suoi discorsi, la sua persona, la sua presenza, la sua capacità di convincere, ha creato una nuova sensibilità per i valori morali, per l’importanza della religione nel mondo. Questo ha fatto sì che si creasse una nuova apertura, una nuova sensibilità per i problemi della religione, per la necessità della dimensione religiosa nell’uomo e soprattutto è cresciuta - in modo inimmaginabile - l’importanza del vescovo di Roma. Tutti i cristiani hanno riconosciuto - nonostante le differenze e nonostante il loro non riconoscimento del Successore di Pietro - che è lui il portavoce della cristianità (…)».
Una domanda personale: lei continua ad avvertire la presenza di Giovanni Paolo II?
«Certo. Comincio a rispondere alla prima parte della sua domanda. Avevo inizialmente, parlando dell’eredità del Papa, dimenticato di parlare dei tanti documenti che ci ha lasciato - 14 encicliche, tante lettere pastorali e tanti altri - e tutto questo rappresenta un patrimonio ricchissimo che non è ancora sufficientemente assimilato nella Chiesa. Io considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l’autentica interpretazione del Vaticano II (…). Adesso vengo alla seconda parte della sua domanda. Il Papa mi è sempre vicino attraverso i suoi testi: io lo sento e lo vedo parlare, e posso stare in dialogo continuo col Santo padre, perché con queste parole parla sempre con me, conosco anche l’origine di molti testi, ricordo i dialoghi che abbiamo avuto su uno o sull’altro testo. Posso continuare il dialogo con il Santo padre.

Naturalmente questa vicinanza attraverso le parole è una vicinanza non solo con i testi, ma con la persona, dietro i testi sento il Papa stesso. Un uomo che va dal Signore, non si allontana (…). C’è così un dialogo permanente e anche un essere vicini, in un nuovo modo, ma in modo molto profondo».

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