Che gusto ci sia, e quanto ci si possa vantare, quando si vince una gara per mancanza di concorrenti, non sappiamo. Ma quel che vale nello sport, e in ogni altra competizione fra gentiluomini, a ben pensarci, non vale per Hamid Karzai, ieri rieletto alla carica di presidente dopo la rinuncia al ballottaggio del suo sfidante, l'ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah.
Si chiude così, nel peggiore dei modi, una settimana di incertezze politiche e diplomatiche che aveva fatto perdere la pazienza anche alla solitamente controllata Hillary Clinton, Segretario di Stato Usa. Dopo anni di "convivenza" a Kabul con quello che si è rivelato un presidente incapace, corrotto, più attento agli interessi della propria famiglia e del proprio clan che a quelli del Paese, gli americani progettavano di vedere un'altra faccia al posto di quella di Karzai nel ruolo di presidente. Ma l'unico sfidante di un certo peso, quell'Abdullah che alla testa dell'Alleanza del Nord aveva contribuito (col determinante aiuto dell'aviazione a stelle e strisce) a cacciare i talebani da Kabul, si è rivelato incapace di suscitare quel consenso di cui molti, alla vigilia delle elezioni, lo avevano accreditato.
Ha vinto Karzai (grazie anche al 25 per cento di voti falsi, come è stato accertato da organismi di controllo internazionali) non perché sia il più amato o il più popolare, o quello che promette di fare di più e meglio per il Paese. Ha vinto Karzai solo in forza della sua organizzazione privata e dell'apparato propagandistico che ha potuto dispiegare in quanto presidente. Al presidente uscente, e a lui solo, per esempio, è consentito l'utilizzo degli elicotteri di Stato per recarsi a comiziare nelle varie città del Paese.
La rielezione dell'uomo che nel volgere di una manciata di anni è riuscito a polverizzare un capitale di simpatie e di consensi internazionali mette gli Stati Uniti e le forze della coalizione che sorreggono il governo afghano in serio imbarazzo. Ma non essendoci alternative, si farà come si fa di solito in politica: facendo buon viso a cattivo gioco.
Esattamente questo ha fatto già ieri Ban Ki Moon, segretario generale dell'Onu in visita a Kabul, che si è congratulato con Hamid Karzai per la sua rielezione. Una retromarcia a gran velocità, giacché solo qualche ora prima il signor segretario generale parlava del secondo turno come dell'«elezione più difficile mai sostenuta dalle Nazioni Unite».
La verità è che il ballottaggio, venuto meno lo sfidante, sarebbe stato uninutile e costosa pantomima. Si risparmieranno se non altro i soldi stanziati per l'organizzazione dell'evento, e si risparmieranno - perché erano largamente nel conto - nuovi, sanguinosi attacchi da parte della resistenza talebana. Una prova di realismo politico, per così dire, che ha avuto la meglio sui "puristi" della Commissione elettorale, che in 24 ore hanno ribaltato la loro "incrollabile" posizione di lunedì, quando sostenevano che la legge afghana obbligava allo svolgimento di un secondo turno non essendo contemplato il forfait di un candidato dopo i termini previsti dal regolamento.
Il ritiro dalla competizione di Abdullah pone comunque, come si diceva all'inizio, un serio problema di legittimità per il governo di Karzai.
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