Kechiche, quel «Cous cous» diventato un cult

Ha al suo attivo «solo» tre film ma tanto gli è bastato per diventare già un autore di culto tra i cinefili d.o.c. grazie a quella sua particolare sensibilità espressiva capace di raccontare, come pochi, un tema delicato e controverso come quello dell’immigrazione. Ad Abdellatif Kechiche, il talentuoso regista e sceneggiatore 38enne franco-tunisino, la Cineteca Italiana dedica una rassegna, da oggi all’8 giugno, che consentirà non solo ai suoi numerosi appassionati ma anche a coloro che si fossero fatti sfuggire i suoi primi lungometraggi, di «rimediare» con le proiezioni allo Spazio Oberdan. A partire dal recente Cous Cous (oggi), sua consacrazione a livello di pubblico, che ha ottenuto il Premio speciale della giuria e quello alla miglior attrice emergente all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. La pellicola, che ruota intorno alla storia di Slimane Beiji, non si discosta dalla tematiche precedenti, con personaggi che lottano per uscire dall’emarginazione nella quale sono stati confinati, costretti anche a fronteggiare una diffidenza che molte volte si traduce in razzismo; il tutto con tanto di omaggio al Ladri di biciclette di De Sica. Sabato, invece, sarà proiettato il suo film d’esordio, quel Tutta colpa di Voltaire (2000), che gli valse, a Venezia, il premio per la miglior opera prima.

Qui, l’eroe è il ventisettenne Jallel, che dalla Tunisia si imbarca, pieno di sogni, per la Francia dovendosi però scontrare con una realtà dura che ne impedisce l’inserimento. Infine, l’1 è il momento de La schivata (2004), trionfatore ai Cesar, gli Oscar francesi, con quattro meritati premi.

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