Paolo Giordano
da Milano
Daccordo, venerdì esce in Italia il suo nuovo film, Domino. Ma mica di questi dettagli si nutre ormai la fama, ci vogliono pettegolezzi, meglio se piccanti, e lultimo è dellaltro giorno: oltre al principe Carlo, anche lei, Keira Knightley, sarebbe finita nello scandalo inglese dei telefonini intercettati. E così, mentre la stampa si scatena allegramente alla ricerca di chiacchierate o messaggini pruriginosi, lei si gode un altro accessorio della fama: il passaparola che è lesame indispensabile per diventare una star, altro che botteghino tutto esaurito. Oddio, alla faccia dei suoi ventun anni, la statuaria Keira alla fama è preparata da un pezzo, visto che già a tre anni, dicono, chiese ai suoi genitori di avere un manager e frignò anche per ottenerlo. Cose da bambini, si dirà: e invece no. A sei anni Keira aveva un manager, a nove la sua prima parte (in A village affair del 1994), a quattordici era nel cast di Guerre Stellari - Episodio Uno, a sedici recitava nuda in The hole e a diciassette anni i distributori americani dovettero rimettere in sala il suo Sognando Beckham perché, dopo averla vista ne I Pirati dei Caraibi, la maledizione della prima luna, tutti si chiedevano chi fosse quella splendida attrice che interpretava Elizabeth Swann.
Daltronde, che fosse bella era già imposto dal Dna: suo padre è lattore tv Will Knightley, sua madre lattrice/autrice Sharman Macdonald. Alta il canonico un metro e settanta, occhi color del sottobosco, lineamenti affilati, sospetti di anoressia, ha ovviamente già collezionato presenze in tutte le classifiche di bellezza del mondo, compreso un improbabile «attrice più sexy di tutti i tempi» regalatole da Empire. Come perfido contrappasso, la natura le ha imposto solo una leggera dislessia e così, a sei anni, Keira ha iniziato a portare occhiali speciali per poter leggere. Robetta. Quando nello scorso febbraio è arrivata sul red carpet del Kodak Theatre per giocarsi lOscar da miglior protagonista (in Orgoglio e pregiudizio), era sfavillante e ha brillato ancor di più quando la statuetta è andata a Reese Witherspoon ma lei, nelle prime file, ha continuato imperterrita a ridere.
Il suo segreto, in fondo, è il carattere mica la recitazione, che pochi hanno applaudito davvero e ancora meno (finora) ricorderanno. Infatti di sé dice: «Le mie eroine sono Katherine Hepburn e Vivien Leigh, ma non per il talento: per la loro perseveranza». E quindi non cè da stupirsi se giusto laltro ieri si è dichiarata offesa perché alla cerimonia degli Oscar Jack Nicholson, dicesi uno dei monumenti del cinema, non le ha rivolto neppure la parola: «È stato imbarazzante». Perbacco. Comunque il caratterino, che si coglie anche nei Pirati dei Caraibi - la maledizione del forziere fantasma (record di incassi negli Usa), è il filo conduttore di questo Domino di Tony Scott che venerdì arriva in Italia a un anno dalla pubblicazione.
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