Politica

Il killer della bimba forse è solo un mitomane

La moglie che lo cacciò di casa per le sue perversioni giura: «Era «con me quel giorno»

Silvia Kramar

da New York

Per dieci anni le indagini sull'omicidio della reginetta di bellezza JonBenet Ramsey avevano tenuto l'America col fiato sospeso. Non si era mai trovato l'assassino che l'aveva strangolata, nella cantina della sua villetta di Boulder, dopo averla selvaggiamente violentata col manico di un pennello di legno. Così quando due giorni fa, a Bangkok, un americano di nome John Karr aveva confessato di aver drogato e violentato la biondina del Colorado, molti avevano sperato di poter finalmente dimenticare le fotografie di una ragazzina truccata, col rossetto rosso e le guance dipinte col fard, il sorriso da bambina precoce e gli occhi sexy da fotomodella provocante che descrivevano la sua breve vita meglio di qualsiasi epitaffio e che, dieci anni dopo l'accaduto, ancora facevano il giro di rotocalchi e show televisivi.
Ma adesso il mistero s'infittisce: polizia e detective temono che Karr sia soltanto un mitomane che ha confessato l'omicidio di JonBenet dopo essere stato arrestato dalla polizia tailandese in cambio di pubblicità o spinto da un'ossessione per quella bimba che in passerella sembrava una bambola.
«Sei il mio amore, la mia vita. Ti amo, JonBenet», aveva scritto John Mark Karr in una delle centinaia di e-mail anonime che per quattro anni aveva inviato ad un professore di giornalismo dell'Università di Boulder. Karr aveva cercato il professore del Colorado, Michael Tracey, dopo aver visto i suoi tre documentari sul mistero di quella reginetta di bellezza uccisa a sei anni il 26 dicembre di dieci anni fa, poche ore dopo aver aperto i suoi regali di Natale.
JonBenet era stata trovata nella cantina della villetta dove abitava con sua madre, Patricia, suo padre John e un fratello, otto ore dopo che sua madre aveva ricevuto un riscatto scritto a mano nel quale si chiedevano 118 mila dollari in cambio della libertà di JonBenet, che invece giaceva in cantina, ormai senza vita. Da quel giorno la vita dei Ramsey era diventata un incubo: accusati di aver ucciso la propria figlia erano stati giudicati innocenti da una giuria del Colorado, ma due anni dopo un ex poliziotto che aveva collaborato alle prime indagini, Steve Thomas, aveva pubblicato un libro nel quale accusava la madre di aver ucciso la bellissima bambina bionda. Quei sospetti, uniti al dolore della perdita della figlia, avevano fatto ammalare Patricia Ramsey che un anno fa, a soli 49 anni, era morta dopo una lunga lotta con un tumore alle ovaie.
John Karr aveva seguito le sue vicissitudini e aveva scritto alla Ramsey una e-mail confessando il delitto. Così come aveva bombardato di e-mail il docente di giornalismo, e non si capisce ancora bene se in esse abbia rivelato particolari sull'uccisione della piccola JonBenet che solo l'assassino poteva conoscere. In una, Karr aveva espresso il suo appoggio per Michael Jackson il quale, come lui, «amava i ragazzini».
Karr, un insegnante nato in Alabama, era stato condannato a sei mesi di reclusione nel 2001 per aver acquistato materiale pornografico minorile. La sua seconda moglie Lara (che Karr aveva sposato quando lei aveva sedici anni, mentre la prima moglie ne aveva solo quattordici) aveva immediatamente chiesto la separazione, impedendogli di vedere i tre figli nati dall'unione. L’uomo era andato a vivere in Tailandia, dove i pedofili trovano terra fertile.
Arrestato due giorni fa a Bangkok, in Tailandia, è apparso di fronte a centinaia di giornalisti e paparazzi e ha confessato di aver ucciso la reginetta di bellezza dopo averla drogata e dopo averla violentata, insistendo che la sua morte era stata «un errore». Ma ieri, a 24 ore dalla notizia dell'arresto del possibile colpevole di uno dei più seguiti gialli americani, anche il procuratore di Boulder, Mary Lacy, alla quale erano state affidate le indagini nel gennaio del 2003, ha dichiarato di voler procedere con cautela. E adesso l'America aspetta con ansia di scoprire se quest'uomo sia un innocente mitomane o un colpevole malato. La sua ex moglie ha già dichiarato che quel 26 dicembre di dieci anni fa Karr era con lei in Alabama.

Appena le autorità americane lo riporteranno negli Usa, Karr verrà sottoposto a due inconfutabili esami: la calligrafia della lettera del riscatto e il Dna trovato sul corpicino di una bambina che, in passerella coi suoi merletti, aveva provocato sogni all'arsenico a troppi uomini.

Commenti