«Kit», la nottata degli immigrati in coda con coperte, tè e brioche

In due ore più di 33mila domande e file quasi esaurite. Un poliziotto: «Niente disordini, sono troppo stanchi»

Andrea Fontana

Appello ad ogni ora e chi non risponde viene cancellato dalla lista. L’autodisciplina che si impongono gli oltre trentamila immigrati in coda è rigida davanti a tutti e 73 gli uffici postali milanesi. Elenco numerato in piazza Sei Febbraio e davanti alla Statale, bigliettini improvvisati come al supermercato a Moscova e Paolo Sarpi. «Prendi il 109 e segna il tuo nome sul foglio - dice il salvadoregno Carlos di prima mattina ad un nuovo arrivato -: alle 14 iniziamo a stare in fila». La tecnica funziona: due ore dopo l’apertura degli sportelli le code sono esaurite un po’ dappertutto e 33.481 raccomandate per ottenere il nulla osta al lavoro sono già spedite. Non molti se si pensa che i kit ritirati dagli immigrati a febbraio erano stati duecentomila, tantissimi invece considerando i 1.700 posti di lavoro in gioco.
Nonostante questo poche tensioni tra chi attende da ore il via libera delle 14,30: gruppi a volte sparpagliati, più spesso file organizzate o addirittura forzate con transenne e nastri bianco-rossi. Code di almeno un centinaio di persone davanti ad ogni ufficio abilitato dove le discussioni nascono per difendere il posto. «Sono qui da lunedì sera, ho il numero 62, ma mi hanno superato» accusa una donna del Nicaragua che fa la spola tra via Bertini e la casa dell’ottantenne a cui fa da badante. «Dov’è il mio nome, Voloshina? Non c’è, mi state imbrogliando» dice un’ucraina. Ma sono episodi: chi cerca di fare il furbo viene immediatamente isolato dagli altri. «Tutto tranquillo, sono troppo stanchi» commenta un poliziotto. In viale Cassiodoro i milanesi della zona hanno portato tè caldo e biscotti alla lunga fila iniziata lunedì mattina, in via Cordusio una ragazza ha offerto cinquanta briosche calde alla crema, mentre la Croce Rossa ha distribuito coperte, calze, thermos e viveri. «Non fa niente se aspettiamo, speriamo solo di avere fortuna» di Tatiana, trentenne di Chisinau in Moldavia, arrivata a Milano lo scorso dicembre. «Ho comprato il kit per 100 euro da un ragazzo indiano, ma non mi importa - aggiunge Alina -: devo lavorare». Storie di irregolari che cercano il colpo di fortuna per azzerare i rischi di espulsione, pochi invece i datori di lavoro in coda che, come il decreto-flussi vorrebbe, chiedono il nulla osta per immigrati non ancora arrivati in Italia. «Un fatto anomalo - afferma l’assessore regionale Davide Boni -: sono gli stessi immigrati, in questo momento clandestini, che richiedono la regolarizzazione, mentre secondo la legge, dovrebbero trovarsi nel loro paese d’origine».

Qualcuno però c’è: Valerio pensionato che cerca il via libera per una badante moldava, Alessandro assicuratore trentenne che aspetta una colf caraibica per il padre, l’impiegato di un’impresa edile che presenta la richiesta per un operaio sudamericano. Ma arriva alle 14,30 e ha il ticket numero 159. Ai Bastioni di Porta Volta intanto Vargas Jesus ha già spedito il kit: tre giorni di attesa per una consegna da trentatré secondi.

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