da Valencia
In Nuova Zelanda la vela è sport nazionale. In barca ci vanno tutti, fin da bambini. I kiwi quando non fanno a cornate su un campo da rugby si trovano a regolare una randa, un gennaker, un fiocco. La prima idea di una sfida neozelandese al massimo trofeo velico è della metà degli anni ottanta quando, per iniziativa di Micheal Fay che assembla un gruppo di investitori, riesce a lanciare una sfida e a partecipare nella vicina Australia alla migliore edizione del secolo scorso: vento e spettacolo. Il timoniere è un giovanissimo Chris Dickson. Molti degli uomini che erano in quella squadra hanno continuato per anni. Alcuni sono ancora qui a Valencia, capelli grigi e faccia distrutta dal sole, dispersi in diversi sindacati.
Nel 92 New Zealand incontra e perde contro Il Moro di Venezia. Il successo vero è del 95, quando un team fortissimo comandato dal velista Peter Blake, che prima ipoteca la casa per iniziare il lavoro e dopo la vittoria diventa baronetto, strappa agli americani la Coppa. Il timoniere è il giovane Russell Coutts che inizia a costruire il suo record di vittorie, Blake ci sa fare, spende poco e ottiene molto. Nel 2000 lo stesso team difende con successo la Coppa dagli assalti di Luna Rossa, che batte per cinque a zero in regate senza storia. Ma quella grande unità che aveva fatto creare il motto «team thinking» scricchiola. Blake e Coutts non si parlano quasi, il primo pensa a trovar soldi, il secondo a gestire la parte sportiva fino alla decisione presa da entrambi di lasciare il team proprio dopo il successo della difesa. Blake parte verso sfortunate avventure di esplorazione oceanica: verrà assassinato nel delta del Rio della Amazzoni dai «ratos de agua» in cerca di dollari e orologi.
Coutts che sente finalmente il profumo dei soldi dopo anni di stipendio da impiegato e sacrifici da velista invece prende la residenza in Svizzera con quattro fedelissimi e crea con Ernesto Bertarelli il mito di Alinghi. In patria resta il giovane Dean Barker: è l'allievo, l'erede. Ma la tradizione non basta, si scopre che in Nuova Zelanda si fatica a raccogliere denaro, nonostante la Coppa abbia sollecitato investimenti molto seri. Così nel 2003 la difesa costruita da Barker contro il maestro Coutts è debole e anche sfortunata, si chiude con un disastro: un albero rotto, uno scafo che imbarca acqua. Una figuraccia e le fotografie della Coppa America con lo sfondo delle Alpi. Dopo la sconfitta paga solo Tom Schnackenberg, ora con Luna Rossa. Grant Dalton, l'uomo scelto dagli sponsor e investitori per guidare la sfida vuole dare un segnale di rinnovamento, di serietà. Grant è un uomo equipaggio, non è mai salito su un Coppa America ma ha battuto diversi record navigando attorno al mondo. Dice, non si sa se credergli «che gli oceani sono solo stati un campo di regata, io non provo nessuna poesia, io voglio vincere. Per me è come qui a girare tra le boe». Grant in regata sta poco dietro Barker, quando serve piega le vele, oppure aiuta nelle issate del gennaker correndo a prua. Ma soprattutto protegge tutti da tutto, il suo vero mestiere è il parafulmine. La base neozelandese è la più impenetrabile di tutte.
Nei giorni scorsi è uscito alla scoperto anche un investitore di cognome italiano, uno dei benefattori del team, il cinquantenne Matteo de Nora che ha contribuito a raggiungere i 52 milioni di euro che sono il budget neozelandese. Nel team c'è anche l'ingegner Giovanni Belgrano, uno dei più forti esperti di materiali compositi.
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