dal nostro inviato a Helsinki
Bionda sirena che spunta dal mare, Carolina Kluft è pronta a farci rituffare nella sua danza della gioia. Riecco l’ultima Barbie inventata dal mondo dell’atletica, la ragazza che contenderà alla Isinbayeva il titolo di primadonna del mondiale, bambola umana elettrica ed elettrizzante, che ad ogni prova urla, schiamazza, impreca, lancia i pugni nell’aria, prende a sberle la luna, fa linguacce ai cameramen. Sembra rabbia, inconsulta ed irrefrenabile ed, invece, è un modo per divertire e divertirsi, per raccontare il suo essere nello sport. Spettacolo garantito quanto le vittorie. Ma nel suo esser donna c’è qualcosa di diverso. Affermata e ricca, Carolina destina danari anche a una fondazione che si prende cura di bambini africani indigenti. È uno degli angeli delle adozioni a distanza: l’ultima per un maschietto di 10 anni. A 22 anni mamma adottiva, ma cominciò a 16. Non è beneficenza per la pace dell’anima. Dopo i mondiali di Parigi, la Kluft si è concessa un viaggio premio: in Africa a trovare i suoi bambini. Non è un caso che oltre agli studi in psicologia e sociologia, segua corsi che riguardano lo sviluppo del terzo mondo.
Oggi Carolina tornerà in pedana e in pista nella fatica da superwoman che si chiama heptathlon, ovvero sette prove in due giorni (100 ostacoli, salto in alto, getto del peso, 200 m., salto in lungo, lancio del giavellotto, 800 m.), un bel malloppo anche per un fisicone come il suo, fra l’altro azzoppato proprio nell’allenamento di ieri da una storta alla caviglia. «Niente di grave», ha detto papà Johnny, che non l’allena ma fa da manager. Forse niente per una che, prima di arrivare all’atletica, ci ha provato con il calcio («Giocavo da punta, spaventavo i portieri»), e con lo sci acrobatico.
Dopo aver vinto due mondiali (aperto e indoor) e un’olimpiade, dopo aver passato i 7.000 punti come solo altre due donne nella storia (Jackie Joyner Kersee e la russa Larissa Nikitina), oggi Barbie, occhi chiari come il mare, fisico che sprizza energia e muscoli, ballerà sotto il cielo e si sentirà quasi a casa, meno lontana da Vaxjo di quanto lo fossero Parigi e Atene, immersa in un mare di biondoni e biondone, atmosfera nordica che nessun altro luogo al mondo sa riprodurre.
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