Cinema

Un kolossal tra guerra e amore

Ridley Scott (86 anni) torna al cinema epico con la vita di Bonaparte. E stupisce di nuovo

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Com'era quell'adagio della gallina vecchia che fa buon brodo? Si potrebbe tranquillamente adattare ai quasi 86 anni (li fa il 30 novembre) di Ridley Scott che con il suo sontuoso Napoleon (arriva il 23 novembre nelle sale italiane) ci regala una bella lezione di cinema. In particolare, per le impressionanti scene di battaglia che suggellano la biografia dell'Imperatore francese, il vero cuore del suo kolossal che dura 158 minuti, da lasciare la platea, letteralmente, a bocca spalancata. E dove non esiste il rischio di confusione, perché Scott sa come «spiegare» la storia e le sue dinamiche, facendoti capire come si siano svolti gli scontri e perché abbia trionfato una certa parte. L'utile della conoscenza, al dilettevole della visione, non sono sempre facili da unire. Esattamente come le didascalie che Scott utilizza per mostrare, allo spettatore, chi sta parlando e quale avvenimento ci sta presentando, rispettando chi paga il biglietto. Senza dimenticarsi, però, del pubblico femminile, al quale dedica un meno riuscito racconto della storia d'amore di Bonaparte con Giuseppina.

Infatti, il biopic che ripercorre la scalata al potere di Napoleone (Joaquin Phoenix, senza infamia e senza lode), viene mostrato parallelamente alla sua storia d'amore, burrascosa per certi versi, con Giuseppina di Beauharnais (che brava Vanessa Kirby). Relazione che, alla lunga, finisce per prendere il sopravvento nella trama, distraendo un po' troppo dal cuore della vicenda e che si dimostra anche piatta in termini emotivi e, alla lunga, ripetitiva. Un Napoleone, dunque, che ha due grandi passioni, nella visione di Scott: la guerra e la sua Giuseppina. Si parte dal 1789, da quando Maria Antonietta viene ghigliottinata, con un giovane Napoleon, al tempo ufficiale d'artiglieria, che va a Tolone a liberare un forte, occupato dagli inglesi, venendo promosso Generale di Brigata. Forse, una delle sequenze più belle di tutto il film, se non altro perché Phoenix riesce a dare quel tocco di umanità che la sceneggiatura di David Scarpa non gli permetterà più nelle restanti scene. E rappresenta anche l'inizio dell'ascesa, con la campagna in Egitto dal quale ritorna dopo essere stato informato che la moglie (nel frattempo si era sposato con Giuseppina) lo tradisce. E via con il colpo di Stato del 1799, dove viene proclamato Primo Console e più tardi Imperatore, i figli che non arrivano e che lo portano prima al divorzio e poi al matrimonio con l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria che gli diede il suo unico figlio legittimo.

Non potevano mancare Austerlitz, la disastrosa campagna di Russia e la sconfitta di Waterloo dopo l'esilio all'isola d'Elba, tutte magnificate dalla regia di Scott. Con finale a Sant'Elena e tanto di cartello riepilogativo che ricorda le sue 61 battaglie e i 3 milioni di morti causati. Insomma, una biografia che assomiglia, per certi versi, a un capitolo di un libro scolastico, dove vengono ricordati, sommariamente, tutti i suoi momenti chiave. Che può essere anche un limite, perché se vi aspettate un «dietro le quinte» per capire realmente chi sia stato Napoleone e, soprattutto, perché sia diventato così iconico, non troverete qui le risposte. Anzi, l'ironia, a volte, sembra farla da padrona, come nella scena, immaginata da Scott, di Napoleone che, dopo la sconfitta, parla con Wellington, a bordo della HMS Bellerophon, facendogli i complimenti per la colazione servita dalla Royal Navy. Il vero difetto del film è, oltre al disequilibrio tra «love story» e «politica», la mancanza di una certa chimica tra i protagonisti, che si dimostra una carenza evidente. Il che non impedisce a Napoleon di essere, sia chiaro, un buon film, soprattutto comparato con quello che passa, oggi, il convento. Un dramma, venato di commedia, che in alcuni momenti incanta, ma disorientando, per il tipo di Napoleone che Scott vuole raccontare. Uno che finisce per addormentarsi in battaglia, ragazzaccio con le donne, ma bravissimo a sfruttare le debolezze degli altri.

Era da Il Gladiatore che Scott non girava un simile film e non è un caso che, anche allora, c'era Joaquin Phoenix, il più empatico di quella celebre pellicola.

Inutile aggiungere che Napoleon si candida autorevolmente per la prossima notte degli Oscar.

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