Ksenija Petrova

La tradizione russa conosce la figura del «folle di Dio», un santo caratterizzato da un comportamento particolarmente stravagante. Uno di questi, e tra i più venerati, è s. Ksenija Grigor’evna Petrova, vissuta a Pietroburgo alla fine del secolo XVIII. Era moglie di Andrej Fëdorovic Petrov, cantore di corte. Il loro era un vero matrimonio d’amore e l’intesa era stata perfetta. Ma lui morì presto, lasciando Ksenija vedova a soli ventisei anni. La giovane non seppe farsi una ragione della perdita e in breve cominciò a esibirsi in stranezze. La più vistosa era la sua identificazione con lo scomparso, di cui prese a indossare gli abiti. Unì a questo un’immersione continua nella preghiera e una accentuata frequenza alle funzioni religiose. Vendette tutto quel che possedeva e distribuì ai poveri il ricavato, poi si diede a una vita da clochard nei quartieri più poveri della città. Mendicava quel che le serviva per sopravvivere e, in cambio, faceva profezie o dava consigli, impreziositi dalla sua capacità di leggere nelle coscienze. Scrive il Semenenko-Basin nel suo Eternamente fiorisce (La Casa di Matriona) che non si conosce esattamente l’anno della sua morte, anche se è probabile che sia il 1803. La tomba di Ksenija a Pietroburgo era sempre affollata di pellegrini e lo rimase anche in tempi di bolscevismo, costituendo un cruccio per il governo ateo.

Per forza: su quella tomba le guarigioni miracolose si verificavano con frequenza impressionante. Ancora oggi la santa è considerata una dei maggiori taumaturghi russi. La sua canonizzazione è stata ufficializzata nel 1988.
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