TorinoIl cinema hollywoodiano? Solo schifezza. Parola di Emir Kusturica, il cineasta di Sarajevo che ieri sera ha ricevuto dalle mani di Gianni Amelio il Gran premio Torino nella penultima giornata del Torino Film Festival. Una premiazione effettuata dopo lincontro con il pubblico per la presentazione della versione integrale (sette ore) di Underground, il film che lo ha consacrato sulla ribalta internazionale nel 1992 a Cannes. «Ricevere questo premio è davvero un grande onore - spiega il regista bosniaco, già premiato a Venezia con due Leoni doro - perché lItalia ama il cinema non convenzionale e commerciale. Amelio e gli altri suoi colleghi adorano senza ipocrisie la settima arte».
Il regista deve molto al cinema italiano e soprattutto a Fellini. «Ero appena entrato alla scuola di cinema di Praga nel 74 - racconta Kusturica - quando uscì Amarcord di Fellini. Io sapevo che nella mia Sarajevo tutti i venerdì sera facevano una proiezione dei migliori film stranieri del momento, ma non riuscivo mai a esserci. E così grazie allamicizia (particolare) con una proiezionista sono riuscito a ottenere una visione tutta per me di lunedì quando ero in città. Purtroppo, dopo aver penato tanto ho fallito il grande momento. Anche il film più bello può poco contro il sonno. Sono tornato per ben sette lunedì di fila a vederlo e con lo stesso triste risultato. Un anno dopo sono finalmente riuscito ad ammirare il capolavoro di Fellini e da allora lavrò visto più di una ventina di volte. Anzi, lo guardo con regolarità almeno un paio di volte lanno».
Kusturica tornerà dietro la macchina da presa nella primavera prossima. In cantiere un film ambientato tra Gaza e Berlino. «Si tratta di una storia familiare molto toccante e intima - spiega il regista - che mostrerà tutti i paradossi che la burocrazia riesce a provocare nella Striscia di Gaza».
Il protagonista è uno streaper palestinese che lavora in un locale della capitale tedesca. Da lì parte per tornare a casa a seppellire il padre e ad assistere al matrimonio del fratello. Una storia intima e toccante prima di tornare al suo grande amore per i personaggi guasconi e rivoluzionari che da sempre sono la cifra del suo lavoro. «Ho già terminato la sceneggiatura di un film sulla vita di Pancho Villa - rivela il cineasta -. Non potrò girarlo prima del gennaio del 2011. Ho scelto Johnny Depp come protagonista e lui ha degli impegni da onorare prima di allora». Lattore reciterà in spagnolo e il film verrà girato in Messico. «Di Pancho Villa mi ha sedotto la sua vita davvero unica: prima bandito poi governatore, per finire poi ricercato - ricorda Kusturica -. Da sempre sono attratto dai banditi e dai rivoluzionari. Nel caso di Pancho Villa ci sono elementi della sua biografia davvero fuori dal comune». E infatti il titolo del film è Pancho Villa, lamico della donna con sei dita. Altri dettagli sulla produzione il regista non vuole svelarli (e tanto meno dire chi sarà a interpretare il ruolo di questa amante del rivoluzionario messicano). «Di sicuro - aggiunge stizzito - non sarà un film hollywoodiano. Hoollywood non mi piace e io non piaccio a Hollywood e su questo siamo in perfetta sintonia. Il cinema della major ha prodotto dei capolavori nei primi decenni del XX secolo. Penso a Lubitsch o Capra quando il cinema era fucina di idealismo. Poi però negli ultimi lustri ha regalato solo schifezze, almeno secondo il mio modesto punto di vista estetico».
Il regista di Underground invece non trova quasi le parole per lodare Matteo Garrone e il suo Gomorra. «Erano anni che il cinema italiano aspettava un simile capolavoro. La sua forza e la sua profondità ci riportano ai capolavori del neorealismo».
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