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L’abisso fra Usa e resto del mondo

S uperman è tra noi e si chiama Michael Phelps. Ogni volta che sorge dalle acque, il mondo cambia faccia. Mentre l’altro mondo del nuoto sente sbiancare la faccia. Dominatore e maramaldo, Phelps non ha avuto nessun riguardo per i padroni di casa. L’Australia ha tradizione e credo nel nuoto, ma in questi mondiali solo le donne sono riuscite a porre argine allo tsunami americano. Libby Lenton e Leisel Jones sono anche carine, ma non tanto da far perdere la testa ai «macistoni» statunitensi.
La geografia del nuoto prima dei giochi di Pechino del prossimo anno che, probabilmente, segneranno un’epoca di confine per tanti aspetti, dice che gli Stati Uniti sono padroni del mondo ed anche delle migliori tecniche. Trentasei medaglie, 20 d’oro, sono il simbolo del potere. Il resto, inteso come tuffi, nuoto di fondo e pallanuoto, è trascurabile. Gli australiani, che si sono presi il gusto di chiudere con l’oro della staffetta mista, si sono fermati a 21 medaglie (più 5 in altre discipline). Quasi un abisso. Ma c’è un abisso pure tra la Cina e gli altri Paesi nei tuffi. Il nuoto del resto del mondo deve cercare una riscossa, altrimenti si rischia la noia. Non basta combattere contro i tempi, serve scoprire il piacere dell’incertezza. Sono stati campionati da record, nel senso dei mondiali battuti: 15. Michael Phelps, da solo, ne ha collezionato un terzo ed un terzo del totale Usa sono state anche le sue medaglie d’oro.
Sono stati i mondiali del doppio campione nei 100 stile libero, gara regina che non meritava lo sgarbo di una duplice vittoria che poi è la sconfitta di una legge dello sport: vince uno solo. In questa storia c’entra di diritto Italia nostra con l’unico campione ad origine controllata: Filippo Magnini, peccato che abbia dovuto condividere il suo oro col canadese Hayden.
Ma è un’Italia che lascia Melbourne con una bella faccia e l’illusione di un giorno, portata dal record mondiale di Federica Pellegrini. Stavolta tempi e successi del nuoto (5 medaglie, solo a Fukuoka e Perth ’91 gli azzurri erano arrivati a sei) dimostrano che questa squadra non va a passo indietro, come tante altre del nostro mondo dello sport. Atletica per prima. Qui contano i tempi e se i record italiani migliorati sono stati otto, altrettanto valgono i primati personali o le migliori prestazioni. Vero, questa è un’Italia che lavora e che produce.

Nonostante i mostri.

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