di Maurizio Gregorini
Ricordo perfettamente, come fosse ieri, le sognanti dichiarazioni di Renzo Piano all'indomani dell'incarico a riprogettare buona parte dell'area denominata Porto Antico: vagheggiava un polo d'alto profilo, unico al mondo nella sua posizione sul mare, dedicato alle arti contemporanee, all'attività congressuale internazionale. Immaginava una distesa di alberi e tanto, ma tanto verde lungo i moli, nelle piazze sull'acqua, fra le vie interne. Si augurava una raffinata utenza di appassionati abbinata all'offerta più popolare ma di qualità. Poi faccio un giro al Porto Antico oggi e mi intristisco. I congressi si contano sulle punta delle dita, mentre la splendida struttura polivalente ad essi deputata langue nell'incuria; di offerta artistica di spessore neanche l'ombra, esposizioni molto simili a fiere di paese, locali di basso livello, piazzali trasformati in luna park con giostre e venditori ambulanti di ogni sorta e genere, dai finti pellerossa alle tigri impagliate.
Il Cineplex in sostanziale abbandono, sporco e malgestito. Le grandi manifestazioni che trovano spazio nell'area destinate all'informe, senza una linea editoriale, senza un programma preciso. Non parliamo poi dei personaggi poco raccomandabili che si aggirano dentro ai cancelli a ogni ora del giorno; del verde, praticamente assente, fatte salve poche asfittiche palme e qualche striminzito alberello. L'utopia di Piano è diventata un deserto pietoso, un mediocre palcoscenico per gli anonimi. Decine e decine di ambulanti extracomunitari abusivi stendono indisturbati le loro lenzuolate di merci contraffatte lungo la promenade, pochi visitatori arrivano fino al Museo del Mare, mal pubblicizzato e allestito in maniera approssimativa. In compenso nei fine settimana di primavera l'area si riempie di turisti low cost, quelli che nulla spendono e poco apprezzano della città, ossessivamente relegati alla visita dell'acquario. C'è comunque poco da sorprendersi: la filosofia egualitaria e massificante della sinistra strapaesana al governo (anche dell'area in questione) ha dato i prevedibili risultati. Un complesso magnifico dal punto di vista architettonico e paesaggistico gettato al macero dell'inettitudine, sacrificato sull'altare dell'insipienza. Andate a Barcellona, a New York, a Rotterdam, a Baltimora, a Seattle e vedete cosa sono riusciti a fare dei loro lungomare con investimenti minori in quelle città.
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