L’accusatore di Del Turco? Per i Nas meritava la galera

Le «prove schiaccianti» sulle tangenti a Ottaviano Del Turco, sbandierate un anno e mezzo fa dal procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi (quello del noto fuorionda con Gianfranco Fini) le stanno ancora cercando. Oltre cento rogatorie in ogni angolo del pianeta hanno dato esiti sconsolanti. Conti esteri non ne sono stati trovati. Società off-shore nemmeno. Per non dire degli interrogatori boomerang a persone che avrebbero alienato una casa ai figli dell’ex governatore dell’Abruzzo, acquistato quadri di Schifano svenduti dall’indagato in bolletta (nonostante le mazzette), fatto viaggi e vacanze, comprato auto di lusso, con le bustarelle della sanità. Niente di niente. Nulla dei sei milioni di euro intascati da Del Turco. Non un euro fuoriposto nemmeno nelle tasche del resto degli indagati, che come l’ex presidente della commissione antimafia, si sono fatti il carcere o la detenzione forzata a casa. Dove son finiti, allora, tutti i soldi che il Grande Accusatore della sanitopoli abruzzese, Vincenzo Angelini, patron del disastrato gruppo sanitario «Villa Pini», giura d’aver dato a Del Turco e compagni? Nel decreto che dispone la chiusura delle indagini e la contestuale richiesta di rinvio a giudizio per 33 persone (compreso Del Turco) di questi innumerevoli quattrini non c’è traccia. In compenso si scopre che la procura ha sequestrato un attico, un superattico e quattro dipinti ad un altro parlamentare, di un altro schieramento, per vicende di un’altra inchiesta parallela che con Del Turco ci azzeccano poco. Ma quel più inquieta è che dalle carte recentemente depositate dai pm di Sanitopoli, la realtà è completamente diversa e sembra portare lontanissimo dalle «certezze» della procura di Pescara che s’è fidata, e affidata, a uno che ce l’avrebbe potuta avere proprio col governatore arrestato che alle cliniche della «gola profonda» aveva tagliato convenzioni e posti letto. Carte che ripropongono un interrogativo inquietante sollevato proprio da Del Turco il 14 ottobre 2008 sul Giornale: «Angelini ha collaborato con la procura di Pescara per evitare una galera certa. Per coprire i buchi della sua azienda e non andare in carcere s’è inventato a tavolino questo meccanismo infernale. Non c’è una prova, non c’è un riscontro». Profetico.
Leggiamole, allora, queste carte destinate a ridisegnare la genesi dell’inchiesta. Proprio per non esporsi a critiche e a pensieri malevoli, la procura di Pescara avrebbe potuto, ad esempio, prestare maggiore attenzione a quel che un mese prima della decapitazione della giunta regionale abruzzese, esattamente il 16 giugno 2008, i carabinieri del Nas scrivevano in un’informativa dettagliata e corposa. Nel documento si evidenziavano espedienti, trucchi, casi di malasanità, «doppia remunerazione delle prestazioni rese» da parte delle case di cura del gruppo Angelini: «È legittimo ipotizzare - osservano i carabinieri - che l’esasperazione di questi comportamenti abbia prodotto un effetto economico» sospetto, devastante, illecito. Basti pensare che per un medesimo paziente si aprivano fino a dieci cartelle, che si certificano più cambi di reparto quando il paziente restava invece inchiodato sempre allo stesso letto. Un «sistema», quelle relazionato dai carabinieri, che aveva prodotto buchi serissimi sul bilancio della sanità evidenziati dai controlli del Cip (commissione ispettiva permanente) che sotto la giunta Del Turco aveva scovato irregolarità diffuse e aveva portato a tagli devastanti sugli esborsi. Per questo i carabinieri sollecitavano una «misura cautelare coercitiva in carcere» per il dirigente della holding responsabile di quel disastro: Vincenzo Angelini. «Le strutture di ricovero riconducibili a Angelini Maria Vincenzo (Villa Pini d’Abruzzo, Sanatrix, Santa Maria) almeno relativamente all’anno 2004 e al triennio 2005/2007 (accordi negoziali) hanno erogato prestazioni illegittime e/o inappropriate quantificabili in diversi milioni di euro, in parte già erogate e rimborsate (fatturate o cartolarizzate) ed in parte oggetto di compensazione da parte delle Asl interessate». La procura ha preso atto ma ha proceduto diversamente, fidandosi e affidandosi, a quest’imprenditore della sanità su cui si dilungava con inquietudine anche la Banca d’Italia nel segnalare alcune inspiegabili movimentazioni poi riscontrate anche dalla Guardia di Finanza, e sulle quali la procura non sembra aver dato seguito. Parliamo di soldi sospetti di Angelini, che in un caso, dal nulla, avrebbe pescato tre milioni di euro per pagare gli stipendi ai dipendenti.

Parliamo di soldi oltreconfine e di movimentazioni estero su estero con ingresso in Italia (documenti 436/437 e a seguire) su conti riferibili ad Angelini, «operazioni sospette» in materia di antiriciclaggio, sui quali sempre i baschi verdi del nucleo di polizia tributaria chiedevano alla procura di Pescara di sviluppare approfonditi accertamenti. Agli atti non risultano. Forse perché a fronte di tali e tante «prove schiaccianti» non c’era bisogno di investigare oltre.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica