L’Acea fa marcia indietro sui lampioni di via Trasone

Marco Morello

Ancora per qualche giorno i vecchi lampioni in stile liberty continueranno a rendere meno buie le notti di via di Trasone. Il telegramma e la raccolta di firme inviate dai residenti al sindaco Veltroni, al presidente del II Municipio e all’amministratore delegato dell’Acea per chiedere l’interruzione dei lavori, hanno sortito un primo effetto: la squadra che si sta occupando del rimpiazzo dei pali e delle lanterne si è spostata da ieri nelle adiacenti Via di Priscilla e Via Monte delle Gioie. Nella «strada della discordia» ogni intervento è rimandato fino a nuovo ordine. Non canta vittoria e tiene i piedi per terra Julia Giavi Langosco, una delle promotrici dell’istanza: «A nostro avviso - puntualizza - non c’è necessità di operare questa sostituzione né oggi né domani. I nuovi lampioni sarebbero incompatibili con l’estetica della via. Mi preoccuperei invece dei marciapiedi, che si trovano in uno stato di totale degrado».
L’operazione si inserisce nell’adeguamento dell’illuminazione pubblica della Capitale agli standard europei. Vanno quindi smentite le notizie false circolate nelle ultime ore: non è affatto vero che, in caso di corto circuito, ci sarebbero rischi di folgorazione per i passanti. Anzi, come pazientemente ci ha spiegato un responsabile della ditta appaltatrice, «non c’è niente che non vada in questi lampioni. Per la manutenzione sarebbe sufficiente sostituire gli involucri in policarbonato della lampada, che con il caldo tendono a staccarsi, e sarebbe tutto a posto». Indagando a fondo abbiamo scoperto che già quindici anni fa i basamenti in ghisa, i pali composti da canne di due pollici di zinco, il tratto curvo adorno e la lanterna erano stati sostituiti per usura con modelli analoghi, solo un po’ più alti, preservandone la tipicità. Ora invece il bianco si sta imponendo ovunque come unico standard applicabile.
C’è silenzio a via di Trasone, una strada lunga e stretta incastrata tra viale Libia e Villa Chigi, nel quartiere Trieste-Salario. Gli operai dell’Acea, mentre si riparano dal sole sotto un albero in attesa di riprendere a lavorare, danno risposte evasive alle richieste di chiarimenti: «Siamo qui - dice uno - soltanto per la manutenzione dei pozzetti, i pali non li tocchiamo». «La squadra oggi è ferma - gli fa eco un collega - abbiamo solo eseguito una semplice ispezione elettrica».
Della raccolta di firme non sanno nulla nella clinica privata che domina la via da una collinetta, come pure nell’elegante villa che ospita un ufficio contabile e nel collegio universitario all’angolo. Alcuni appartamenti sono vuoti, complici le partenze per le vacanze estive, in altri ci sono soltanto badanti e donne delle pulizie. Quando si cominciano a incontrare i residenti, però, il coro è unanime. Adele, 81 anni: «Sono 35 anni che vivo qui e mi sento molto affezionata a questi lampioni, non vanno cambiati». Claudio, 39 anni: «Non capisco perché non possano rimanere così come sono, mi sembra funzionino perfettamente». Luisa, 67 anni: «L’illuminazione che assicurano è perfetta. Togliendoli, oltre a sostenere una spesa inutile, si butterebbe via un pezzo di storia».

I fari attuali rispettano il design architettonico dell’insieme: con la loro sostituzione si potrebbe realizzare nel lungo periodo un risparmio energetico, legato al passaggio dall’alta alla bassa tensione, ma sarebbe comunque necessario rifare i marciapiedi, già fortemente provati. «Soprattutto - sottolineano Massimo e Roberto, altri due residenti di via di Trasone - si perderebbe quel sapore di antico che c’è qui oggi. La soluzione la suggeriamo noi: una verniciata e via».

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