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L’affondo di Berlusconi: "I giudici hanno rovinato quelle trenta ragazze"

Il Cavaliere ieri in tribunale: "Il loro unico torto è aver accettato un mio invito". Macché parti offese, Olgettine per libera scelta / A. Bernardini de Pace

L’affondo di Berlusconi:  "I giudici hanno rovinato  quelle trenta ragazze"

Milano - Se ne sta lì un paio d’ore, con la mimica del corpo che racconta una insofferenza crescente verso il rito un po’ bizantino e un po’ scassone che si celebra nell’aula. Per la sua prima apparizione nel tribunale di Milano da ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha scelto una udienza che più noiosa non si può, l’interrogatorio via tv di un testimone americano, il presidente della Fox, reso impervio dalle difficoltà di collegamento e dagli svarioni di traduzione. Il Cavaliere alza gli occhi al cielo, si prende la testa tra le mani, si allunga sulla sedia, brontola con i suoi legali. Ma resiste fino alla fine. E quando esce dall’aula è come se fosse saltato il coperchio del suo malumore: un fiume in piena davanti alla siepe di cronisti, contro i giudici e i pm che si accaniscono contro di lui. Ma le parole più severe le riserva al trattamento riservato dalle toghe alle ragazze di via Olgettina, quelle che l’altro ieri un giudice ha dichiarato che vanno considerate sue vittime. «Sono stati un giudice e la Procura a rovinare quelle ragazze, colpevoli solo di avere accettato un invito a cena dal presidente del Consiglio».
Il messaggio che manda Berlusconi è chiaro: premier o non premier, la sua battaglia contro i giudici non si ferma. E il ring è questo, il Palazzaccio milanese dove si celebrano in sostanziale contemporanea quattro processi contro di lui. In aula, dice, a volte ci verrà, a volte no: a quello di oggi per il caso «Ruby» non ci sarà, «perché i miei legali mi hanno spiegato che è un’udienza tecnica». Verrà invece al processo Mills, dove è accusato di corruzione di un testimone, e parlerà: «Credo che farò delle dichiarazioni spontanee», e cioè dirà la sua verità senza accettare le domande dei pm. Quel che dirà, lo anticipa ieri ai cronisti: «È un’accusa assurda, Mills i soldi li ha presi da un altro suo cliente, e si è inventato quella bugia per non pagare le tasse». Ma perché dire proprio di averli presi da lei? «Non dice di averli presi da me ma da un dirigente Fininvest. E lo dice perché il dirigente nel frattempo è morto e non lo può smentire».
Del processo di ieri, quello per le creste che avrebbe fatto sull’acquisito dei diritti dei film americani da trasmettere sulle reti del Biscione, dice che «solo perché non sono più presidente del Consiglio ho sopportato senza arrabbiarmi questa perdita di tempo». Anche questo, dice, è un processo che non si doveva neanche celebrare, «il mio gruppo ha sempre voluto trattare l’acquisto dei film direttamente dalle major americane, e quando sono stati usati degli intermediari è stato solo perché lo volevano loro». In più di una occasione, durante l’udienza, racconta di avere avuto la tentazione di sbottare: «Sono stato male perché mi sarebbe piaciuto intervenire ma i miei legali mi hanno detto che non era il caso», e se finora in aula non ha parlato è perché «nessuno mi ha chiesto di sottopormi ad interrogatorio, ove ci fosse la richiesta accetterei con gioia».
Inevitabile, però, arriva la domanda che fa quasi esplodere la rabbia che Berlusconi appare covare: quella sulle 32 ragazze che da ieri hanno assunto ufficialmente lo status di sue vittime. Per decisione del giudice che sta processando Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora per induzione alla prostituzione, le «Olgettina girls» vanno considerate le parti offese dell’inchiesta sulle serate di Arcore, a casa del Cavaliere. Cioè: le 32 si sarebbero fatte convincere a vendere sesso a Berlusconi. «È la più grande sciocchezza. È molto peggio, sono vittime della procura di Milano e del giudice che ha dato il via al processo. L’unico torto è di aver accettato un invito a casa del presidente del Consiglio. I danni li hanno fatti i pm diramando il nome delle ragazze e rovinando la loro reputazione. Hanno una grave responsabilità». E Berlusconi spezza una lancia anche in difesa di Emilio Fede, il direttore del Tg4 finito sotto accusa: «Fede non c’entra assolutamente niente, non ha mai portato nessuno a casa mia».
Il pm Fabio De Pasquale lascia l’aula, si trova davanti al muro compatto di guardie del corpo, carabinieri e giornalisti con al centro Berlusconi che esterna: potrebbe fare un altro giro, invece si lancia nella mischia e in qualche modo si fa largo. Berlusconi non lo degna di uno sguardo. Ultima battuta su di lui, sull’accusa per il caso Mills tenuta ancora in vita a dispetto della prescrizione «per una folgorante idea del pm». Poi il Cavaliere se ne va: «Per oggi avete abbastanza da scrivere».

In effetti.

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