Roberto Fabbri
L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), il cui direttivo è riunito a Vienna, ha chiesto ieri al governo dell’Iran spiegazioni su indiscrezioni di stampa secondo cui Teheran sarebbe ora in grado, grazie ad alcune modifiche, di armare con testate nucleari i propri missili di tipo Shahab 3, in grado di colpire quello Stato d’Israele che il presidente iraniano Ahmadinejad minaccia di cancellare dalle carte geografiche. Un funzionario Aiea, rimasto anonimo, ha detto che desta sospetti il fatto che il coordinatore di quel programma missilistico sia la stessa persona che si occupa di una controversa parte del programma atomico di Teheran.
L’annunciata resa dei conti sulla spinosa questione del programma nucleare iraniano ha subito intanto un rinvio. Nessuno deve avere una fretta particolare di affrontare il tema, e solo questo può spiegare perché un caso che tiene impegnate le diplomazie e la stampa di mezzo mondo da mesi sia stato relegato al punto 5b dell’ordine del giorno della riunione del Consiglio dei governatori dell’Aiea. Questo significa che la presentazione dell’attesa relazione del direttore generale Mohammed El Baradei, incentrata sulle critiche all’Iran per la sua mancata cooperazione, e la successiva discussione non avranno luogo prima di oggi e forse addirittura domani.
Tutto tempo guadagnato per le iniziative della diplomazia, in particolare ovviamente quelle delle grandi potenze, che sul destino dell’Iran non sembrano trovare una visione comune. Lo stesso El Baradei ha citato ieri un’iniziativa che vedrebbe Unione europea e Russia interessate all’offerta iraniana di sospendere per due o tre anni l’arricchimento dell’uranio su scala industriale; ma agli Stati Uniti questa proposta non piace. Gli iraniani mostrano invece di fare affidamento sulle capacità persuasive del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, il quale in queste ore incontra la collega americana Condoleezza Rice: tema del colloquio la fissazione di limiti precisi e sicuri sulle attività di arricchimento dell’uranio che l’Iran potrebbe svolgere sul proprio territorio. Ma Washington non sembra avere alcuna intenzione di accettare soluzioni di compromesso.
Mentre le diplomazie lavorano dietro le quinte, ai giornalisti vengono ammannite le consuete «sparate» a loro uso e consumo. Così il «duro» John Bolton, ambasciatore americano presso l’Onu, ha minacciato l’Iran di «conseguenze tangibili e dolorose» se proseguirà l’arricchimento dell’uranio, chiarendo che Washington «userà tutti gli strumenti a sua disposizione» per fermare il programma atomico di Teheran.
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