L’albanese ha tre figli, non può essere espulso

Ha cercato di convincere in tutti i modi le autorità istituzionali, la magistratura, i dirigenti e i funzionari della questura di Savona. Niente da fare: il decreto d’espulsione parla fin troppo chiaro, quel cittadino albanese deve andarsene dall’Italia. E non conta se lui vive qui, nella città della Torretta, da anni, e da altrettanti anni esercita un lavoro regolare, è stimato da tutti, e poi, dicci niente, non si è mai macchiato di pendenze con la giustizia. Insomma: la realtà (o la burocrazia?) dice che il permesso di soggiorno è scaduto, che non si può rinnovare, e che lui deve tornarsene dalle sue parti. «Non ci sto» ha replicato l’interessato. Che si è rivolto al giudice di pace con un argomento ritenuto indiscutibile: «Ho tre figli - ha spiegato l’albanese -. Senza di me, come possono vivere? Io sono indispensabile alla loro esistenza. Dovete revocarmi il provvedimento».
Giuseppe Franco Bruno, il giudice di pace di Savona, ci ha riflettuto un bel po’, infine si è deciso: se il padre se ne va, ai suoi figli viene a mancare improvvisamente il sostegno morale, materiale ed economico indispensabile a costruirsi un avvenire in Italia, di cui hanno pienamente diritto. A giudizio del magistrato, pertanto, ci sono tutti i crismi per la riconsiderare l'allontanamento forzoso dell’uomo dall’Italia. «Oltre tutto - si è informato puntigliosamente il dottor Bruno, riportando poi il concetto nella sentenza - la tutela dell’infanzia è garantita anche dalla Convenzione di New York, e questa tutela, che è un diritto riconosciuto di tutti i bambini del mondo, non può prescindere dalla presenza, accanto a loro, dei genitori». Gli argomenti sono risultati decisivi: il giudice di pace ha annullato l’espulsione. E ha restituito un papà alla famiglia.

Con una postilla solo in apparenza minimalista: «Anche recuperare le pagelle dei figli che frequentano la scuola con profitto significa salvaguardare l’armonia familiare». Che volesse dare un consiglio a tutti i padri in ascolto?

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