L’allarme-occupazione mette paura alle Borse

Circa 36 milioni di disoccupati sparsi tra l’Europa e gli Stati Uniti, a conferma di come i colpi di coda della crisi si stiano scaricando sul mercato del lavoro. Emorragia di posti ormai cronica, da una sponda all’altra dell’Atlantico, segno del ritardo con cui le misure di sostegno dei governi si trasferiscono sull’occupazione. Bisognerà aspettare, forzatamente. Ma le cifre rimbalzate ieri dal Vecchio continente e dagli Usa fino ai monitor delle sale operative non potevano certo essere ignorate dalle Borse, costrette a cancellare i progressi di mercoledì a colpi di ribassi anche superiori al 3%.
Tanto atteso quanto temuto, il verdetto è arrivato sotto forma di un tasso di disoccupazione salito nella euro-zona in maggio al 9,5% (9,3% in aprile), un livello mai raggiunto dalla nascita della moneta unica, e dal 9,4% di maggio al 9,5% di giugno (massimo dal 1983) anche negli Usa, dove sono stati persi altri 467mila posti di lavoro. Dall’avvio della recessione (dicembre 2007), l’America ha visto evaporare oltre sei milioni di posti e i jobless sfiorano ormai i 15 milioni. «Sono profondamente deluso e preoccupato», è stato il commento del presidente Obama. «Siamo nella peggiore recessione dalla Grande Depressione. Ci vorranno ancora mesi per uscirne», ha aggiunto.
L’elemento forse meno rassicurante è la progressione dei disoccupati nel giro di un anno: nel maggio 2008, nell’Europa a 16 i senza impiego erano pari al 7,4% della popolazione attiva. Lo scatto in avanti di due punti percentuali ha determinato gli oltre 15 milioni di persone a spasso oggi nella sola Eurolandia, contro gli oltre 21 milioni della Comunità europea (disoccupazione all’8,9%).
Sono cifre che giocano a sfavore della ripresa economica, considerata la stretta correlazione tra mercato del lavoro (quando c’è) e consumi. A maggior ragione in un Paese come gli Usa in cui le spese private contribuiscono per due terzi al Pil. La recovery è collocata da quasi tutti i governi e dai maggiori organismi internazionali nel 2010. Ma come ripartirà l’economia mondiale? Quasi certamente con il freno a mano tirato. Il numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet, non ha esitato ieri a parlare di un ulteriore «deterioramento» occupazionale nei prossimi mesi e di una ripresa frenata, appunto, dall’alto numero di senza lavoro.
Le parole di Trichet hanno aggiunto benzina ai ribassi dei listini europei, dove infatti la capitalizzazione è “dimagrita“ di 102 miliardi. Svanito l’effetto positivo provocato l’altroieri dall’annuncio del governo tedesco della creazione di una bad bank, i mercati sono finiti in apnea: Francoforte è stata la peggiore (-3,81%), seguita da Parigi (-3,13), Milano (-2,65%) e Londra (-2,45%). Nessuna reazione alla notizia che l’Unione europea ha deciso di lanciare uno strumento di microfinanziamento, per un valore di 100 milioni (elevabili a mezzo miliardo), con lo scopo di aiutare i disoccupati ad avviare piccole imprese.
Anche Wall Street ha chiuso l’ultima seduta della settimana (oggi è la Festa dell’Indipendenza) muovendo a ritroso sia le lancette del Dow Jones (-2,5%), sia quelle del Nasdaq (-2,7%).

«La Borsa - spiegava un analista - si è mossa al rialzo negli ultimi mesi, nella convizione che i piani di stimolo stessero funzionando. Ma ora c’è delusione, non sembra che gli stimoli abbiano creato nuovi posti». Ci sarà ancora da lavorare.

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