L’altra Fiom: «Sbagliato star fuori dalle fabbriche»

Alla Fiom vanno avanti per la loro strada e anche l’ala più «morbida», quella guidata dal leccese Fausto Durante, iscritto al Pd, sembra non voler capire che al referendum di metà mese sull’accordo per Mirafiori tra la Fiat e gli altri sindacati si prospettano solo due alternative: se vincerà il «sì», anche con un risicato 51%, il Lingotto darà il via agli investimenti; se a prevalere sarà il «no», la storica fabbrica torinese verrà abbandonata al suo destino. In poche parole, avrà più o meno due anni di vita con tutte le conseguenze immaginabili a carico della forza lavoro.
Ma alla Fiom sono sempre convinti che una possibile vittoria del «no» determini automaticamente la riapertura delle trattive e che Sergio Marchionne si rimetta a discutere tutto da capo. «Ho l’impressione - spiega Fausto Durante, durante una chiacchierata con il Giornale - che al referendum possa prevalere il “no” all’accordo. A questo punto Marchionne sarebbe costretto a confrontarsi nuovamente con tutti i sindacati. È quello che ha fatto in Germania quando la Fiat voleva prendere la Opel. Marchionne non può fare il tedesco in Germania e l’americano in Italia. Ma ribadisco che, se vincesse il “sì”, la Fiom dovrebbe porre una sigla tecnica su un accordo che pure non condividiamo. In questo modo si difenderebbero i diritti dei lavoratori dentro la fabbrica e non fuori come vorrebbe la Fiat». Durante, che pure all’interno della Fiom rappresenta la corrente di pensiero diversa da quella del leader Maurizio Landini, sull’eventuale successo del «no» per Mirafiori non fa una piega: è convinto che Marchionne, «visto che chiede la votazione, accetti di riaprire il negoziato». «In caso contrario - aggiunge - si avrebbe la dimostrazione che Marchionne intende ricattare l’Italia». Durante, commentando la lettera al Giornale di un gruppo di tute blu di Pomigliano contro i leader della sinistra (posizione sostenuta da centinaia di firme dai vari stabilimenti del gruppo), non fa problemi a condividere i malumori espressi dagli operai: «Se fossi un operaio della Fiat sarei anch’io infastidito nel vedere che i politici di tutti gli schieramenti si interessano ai problemi degli operai quando fanno notizia sui giornali o in prossimità delle elezioni. Queste persone, invece, vorrei vederle tutti giorni davanti ai cancelli delle fabbriche, impegnate a parlare e ascoltare i lavoratori.

Devono capire, questi signori, che il vero problema è lo stipendio che non basta ad affrontare la vita. A chi si devono affidare gli operai? A Di Pietro che è di sinistra come io sono Napoleone? O a Vendola che è fuori dal Parlamento? O a Ferrero e Diliberto, ancora più fuori di Vendola? Resta solo la Fiom».

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