L’America rischia lo stop e il Congresso litiga

A poche ore dalla deadline che potrebbe dare il via alla paralisi delle attività del governo americano, la battaglia per il budget federale al Congresso continua anche con “sparate” a effetto che non sembrano contribuire a trovare una soluzione al problema, che è invece serio. Repubblicani (in maggioranza tra i parlamentari) e democratici (che esprimono il presidente e il governo) si contrappongono ancora con durezza: con la legge di spesa sono in concorrenza le linee guida di due partiti che sono due modi quasi contrapposti di vedere la società e l’economia.
Il presidente Barack Obama conduce la mediazione: ha parlato separatamente al telefono con lo Speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, e con il leader dei democratici al Senato, Harry Reid. Boehner insiste nel chiedere una legge (già respinta da Obama) che rinvii di una settimana la scadenza dell’inizio del temuto blocco delle spese statali, e che al tempo stesso approvi i finanziamenti per le truppe e tagli di 12 miliardi di dollari la spesa pubblica. Ma Reid contrattacca e rivela che il sofferto accordo era stato già quasi raggiunto con il sì del suo partito a tagli per 38 miliardi di dollari nella finanziaria 2011; poi però, ha lamentato Reid accusando il Grand Old Party di voler attentare ai diritti delle donne, l’ala più conservatrice dei repubblicani ha rimesso tutto in discussione pretendendo un taglio ai finanziamenti dei programmi di pianificazione familiare (in bella sostanza all’aborto).
Con un gesto già tacciato di populismo, Boehner ha annunciato che restituirà il suo stipendio nel caso in cui si verificasse una paralisi del governo (il cosiddetto shutdown) e che dirà agli altri parlamentari di fare come lui: lo speaker della Camera guadagna 223.500 dollari l’anno. Ma in caso di shutdown saranno ben altre le conseguenze per gli americani. Soltanto la seconda paralisi verificatasi alla fine del 1995 costò ai contribuenti 800 milioni di dollari in mancate entrate fiscali e stipendi non pagati ai dipendenti pubblici. Secondo la Casa Bianca, già a partire da lunedì 800mila dipendenti del governo federale saranno costretti all’astensione dal lavoro senza paga e non è neppure certo che potranno recuperarla in un secondo momento.
Solo le attività considerate essenziali - le emergenze mediche, il controllo del traffico aereo e la difesa - resteranno operative. Ciò significa che le operazioni militari in corso non si fermeranno, ma che i militari non saranno pagati fino a quando il Congresso non avrà autorizzato nuove spese. Altre ricadute riguardano il cittadino comune: subiranno ritardi i rimborsi delle tasse (che andranno comunque pagate entro il 15 aprile), sarà impossibile richiedere passaporti e licenze commerciali, iscriversi all’assistenza medica o sociale per i disabili.

Chiuderanno musei e tutti i 394 parchi nazionali, i monumenti nazionali come ad esempio la celebre Stataua della Libertà. Per non parlare dei rischi per l’economia, che rischia addirittura, secondo alcuni esperti, un ritorno alla recessione.

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