da Roma
«Una cosa è certa: non sarà un film etnico». L'11 giugno primo ciak per Bianco e nero, nuova commedia di Cristina Comencini. Una storia interrazziale nella quale l'incontro passa attraverso una storia d'amore che scardina abitudini, partiti presi, convenzioni culturali. Non è una novità altrove: chi non ricorda Il mio grosso grasso matrimonio greco? Da noi, invece, l'argomento suscita diffidenza. Sarà perché l'immigrazione massiccia si trasforma in sfregio antropologico, in fatto di ordine pubblico. Così, alla sua maniera, la Comencini aggira l'ostacolo, portando la vicenda in ambienti borghesi, agiati, sottraendosi al fervorino sull'emarginazione sociale. Prodotto da Cattleya e Raicinema, Bianco e nero sfodera un cast curioso: Fabio Volo, Ambra Angiolini, Katia Ricciarelli, Franco Branciaroli, la franco-senegalese Aïssa Maïga.
Lui bianco, lei nera. Entrambi benestanti. Una sorta di Indovina chi viene a cena? a parti rovesciate...
«Quel film è ancora valido, vedibile sempre. I due genitori si pensavano aperti, radicali, emancipati, invece messi alla prova dei fatti... Ma ho ripensato anche a Innamorarsi con De Niro e Meryl Streep, soprattutto a La signora della porta accanto di Truffaut, per la grande capacità di evocare l'amore che tutto travolge».
A essere travolto è Fabio Volo?
«Sì. È un trentenne preso dai suoi computer. Sposato con Eloisa, che manda avanti un'associazione contro il razzismo, Carlo guarda con disinteresse all'Africa, gli provoca angoscia. Un giorno però incontra Nadine, impiegata all'ambasciata del Senegal, moglie di uno storico africano. I due si piacciono, prendono ad amarsi clandestinamente. E a quel punto Eloisa, che pure conosce e apprezza Nadine, deve fare i conti con la faccia nascosta e indicibile del pregiudizio. Le vengono fuori sentimenti che non immaginava. Il titolo viene da una battuta di Katia Ricciarelli, che fa la madre di Volo. Non sapendo del fattaccio, teorizza: Guarda che nella vita le cose non sono mai bianche o nere. Invece... ».
Il tema vero del film.
«Quel misto di repulsione e attrazione verso il diverso. Ci sta anche il racconto del nostro razzismo interiore. Le cose che non osiamo dire perché siamo buoni, politicamente corretti. Tutti adorano i bimbi negri, ma appena crescono ci fanno paura. Ancora: chi di noi non ha mai fantasticato di fare l'amore con un uomo o una donna di colore? I pregiudizi passano quando cominci a conoscerli sul serio. Coi miei amici africani io vado a cena, al cinema e discuto di tutto».
Ci sarà molto sesso?
«Un po' ce lo metto. Anche se a me interessa più l'erotismo, il desiderio del corpo dell'altro più che il fatto in sé. Purtroppo siamo tutti civili e corretti, a parole c'è una gran voglia di conoscersi, poi ognuno resta al posto suo. Sono rare le coppie miste in Italia».
Perché il Senegal?
«Perché è un paese senza guerre fratricide, massacri. Hanno belle università, vanno in giro per il mondo. Gli africani del mio film non sono pezzenti, conoscono bene l'Occidente. Eppure tutto va in crisi quando Carlo e Nadine decidono di assecondare la loro passione. L'amore è disturbante. I figli tirano fuori cose durissime, i genitori non capiscono. Tuttavia, bisogna mischiarsi per non esplodere. Roma da questo punto di vista è bella, custodisce tante piccole città. Mi piace il miscuglio che non c'è. Il motore sono sempre gli individui. Parto sempre da me, nella speranza che il cinema serva ad avvicinare, nel senso del desiderio più che dell'imposizione, persone diverse».
Fabio Volo e Ambra Angiolini.
«Mi piace cercare gli attori. Volo l'ho visto in Uno su due, ha una sua profondità, un mondo interiore. Persona interessante. Ambra m'è parsa brava e toccante in Saturno contro. Preferisco gli attori che hanno nello sguardo qualcosa in più di ciò che dicono».
Dopo Bianco e nero?
«A settembre esce il mio nuovo romanzo, L'illusione del bene. Stavolta parlo di un uomo, un cinquantottenne che si ritrova con il privato e la politica in frantumi. Poi girerò un film dalla commedia Due partite, con lo stesso quartetto di attrici».
Un ricordo di suo padre, se le va.
«Mi rivedo mentre, spingendo la carrozzella, lo porto al parco. Papà amava il verde, le piante, i fiori. Era già vago. In tanti anni di malattia non l'ho mai sentito lamentarsi. Era un uomo ombroso, brusco, ma anche capace di grandi sentimenti: faceva tenerezza e paura insieme».
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