L’analisi Meno sacrificio e meno negozi

Il caso della pescheria che chiude per mancanza di personale è uno dei tanti, purtroppo; sul Secolo XIX si parlava della chiusura del parrucchiere per signore Giuseppe di Nervi e poi in tanti paesi della Riviera di Levante sono scomparsi calzolai per la riparazione delle scarpe, sartorie per riparazioni, barbieri da uomo, fabbri, tante altre attività artigianali e commerciali che ci hanno accompagnato dagli anni ’60 a ieri. Se passiamo l’Appennino ed andiamo in val Borbera non c’è più il fornitore di bombole di gas da cucina, il falegname, il macellaio e soprattutto il negozio unico che era il punto di incontro nelle piccole frazioni dei paesi collinari per cui oggi locali e villeggianti devono andare a valle nei supermercati.
Tornando alle attività artigianali e commerciali in Liguria è chiaro che un giovane o proviene dal settore od ha cominciato a lavorare in proprio altrimenti non si adatta ad iniziare un’attività come la gestione di una pescheria con i rischi e gli orari da fare e spera di trovare un lavoro meglio nel settore pubblico oppure anche nel privato con contratti a termine anche se a stipendio inferiore; esiste un problema culturale per cui chi proviene da famiglie dove i genitori si alzavano presto per andare al mercato del pesce (oppure della frutta), ha respirato quell’attività a casa e riesce anche a portarla avanti ma se un giovane viene da una famiglia di lavoratori dipendenti e non trovando lavoro pensa ad un’attività autonoma con i genitori che gli anticipano le spese di ingresso, ebbene dopo poco tempo rischia di chiudere e di aver bruciato i soldi di famiglia investiti perché un’attività autonoma ha delle peculiarità che o si conoscono bene od è meglio non iniziare se non si è partiti dall’aver fatto il ragazzo di bottega prima! Ecco che molte attività chiudono, altre continuano ma con una gestione fatta da persone extra-comunitarie che sono più disposte al sacrificio in termini di orari un po’ come quegli italiani che nel secondo dopoguerra emigrarono dal Sud Italia al Nord e piano piano si fecero una posizione nel lavoro autonomo che, purtroppo, a volte finisce quando il titolare va in pensione e nessuno della famiglia continua quell’attività in quanto le nuove generazioni hanno fatto altre scelte lavorative.
In conclusione.

Forse occorre rivedere certe posizioni «talebane» per cui il lavoro autonomo equivale all’evasione fiscale mentre spesso si tratta di persone e di famiglie che lavorano sodo, rischiano i propri soldi e non hanno aiuti di Stato... e se guadagnano qualcosa in più nessuno glielo regala di certo e poi se dopo gli anni buoni arrivano gli anni difficili è meglio chiudere anziché lavorare in perdita.

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