L’analisi Strategia e armi militari: più guerriglia che terrorismo

Un assalto coordinato, condotto con modalità militari da un gruppo consistente di combattenti disposti sì a morire, ma non necessariamente votati al martirio tramite suicidio. Gli addetti ai lavori sono sorpresi dagli schemi operativi adottati dai guerriglieri, i quali hanno studiato con cura i bersagli e hanno ben preparato l’assalto multiplo, che non voleva solo fare morti. I guerriglieri si erano infiltrati già da tempo a Mumbai e potevano contare su coperture e sostegni logistici locali. Anche l’armamento era più vicino a quello dei gruppi di guerriglia, con larga disponibilità di armi lunghe automatiche (che non si occultano facilmente), granate, esplosivi e munizioni in quantità per sostenere uno scontro prolungato con le forze di sicurezza. Non si hanno indicazioni precise sulla consistenza del gruppo. Inizialmente si parlava di 200 uomini. Ora di 50, forse meno.
Per conquistare stazioni, ospedali e alberghi occorrono cellule a livello di squadra, con 5 o più persone, per combinare l’effetto sorpresa con lo shock garantito dalla potenza di fuoco. Si può così sopraffare rapidamente ogni resistenza e gestire un elevato numero di ostaggi/prigionieri. Vengono in mente più Beslan o certe azioni della guerriglia maoista o indù piuttosto che un attacco di Al-Qaida.
Quanto all’intelligence indiana, il disastro è completo. È mancata la capacità di prevenire l’attacco e di lanciare l’allarme.

È mancata la reazione immediata di reparti specializzati che nell’India federale spesso hanno scarsa consistenza. Infine, il modo in cui le forze armate stanno ancora ripulendo edifici immensi come i grandi alberghi è rozzo, brutale e provoca ulteriori vittime. Per l’apparato di sicurezza indiano è una vera débacle.

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