L’angoscia della mamma: «Non mi lasciare»

Alessia Marani

«Mauro ha bussato da me verso mezzanotte meno un quarto, diceva che la bambina stava male, io gli ho consigliato di chiamare subito l’ambulanza. Attraverso l’uscio della loro porta ho visto Viviana con la piccola Alice in braccio, seduta sul divano. Ripeteva come una cantilena “Piccola mia non mi lasciare”». È questo il racconto della vicina di casa di Viviana Di Laura, 28 anni, casalinga e del suo convivente, Mauro Bronchi, 38 anni. La bimba, Alice, 5 anni, morirà poco dopo, appena varcata la soglia della sala di Rianimazione dell’ospedale Sant’Andrea dove i medici hanno tentato il tutto per tutto per salvarla. Inutilmente. Alice morirà per arresto cardiocircolatorio, ma i sanitari troveranno lungo tutto il suo corpicino lividi profondi ed ecchimosi, alcune molto recenti, altre probabilmente di giorni precedenti. Quanto basta per fare scattare l’allarme e il sospetto che dietro al racconto fornito dalla coppia («la bambina è caduta dalle scale e ha perso i sensi») fosse nascosta ben altra realtà. Vengono avvisati i carabinieri. La donna e il convivente saranno sentiti per ore, prima in ospedale, poi separatamente negli uffici della compagnia Cassia davanti al magistrato del Tribunale di piazzale Clodio, Caterina Caputo. Cinque lunghissime ore a tu per tu con gli inquirenti e il Pm che per Mauro Bronchi si concluderanno, nel pomeriggio di ieri, con lo stato di fermo e la terribile accusa d’omicidio volontario. Mauro avrebbe picchiato e colpito selvaggiamente la piccola Alice fino a farla morire. Accuse che, tuttavia, l’uomo respinge. Uno scenario tremendo quello venuto alla luce dopo la morte della piccola. Fatto di botte, violenze e umiliazioni continue consumate tra le quattro mura dell’appartamento al sesto e ultimo piano di una palazzina di largo Magnano in Riviera, al quartiere Labaro, dove la coppia da 3 mesi viveva insieme con la figlia 15enne di Mauro, avuta da una precedente relazione. La ragazzina da ieri ha dovuto lasciare l’abitazione - posta sotto sequestro - e si trova ora da alcuni familiari in attesa dell’affidamento ai servizi sociali. Eppure alcuni vicini descrivono la coppia come apparentemente «tranquilla». Ma pian piano Viviana, ascoltata dai carabinieri, rivelerà un ménage familiare tutt’altro che sereno. Testimoniato anche da una denuncia che la donna avrebbe depositato tempo fa nei confronti del compagno accusato di maltrattamenti. «Ci terrorizzava - ha raccontato la 28enne ai militari -, eravamo succubi dei suoi sfoghi, dei suoi malumori. Un incubo». Un incubo finito in tragedia. Intanto, dall’esame clinico esterno e dai riscontri effettuati nella giornata di ieri dagli esperti del Ris, il Raggruppamento scientifico dell’Arma, nell’appartamento di Labaro, sono emersi nuovi agghiaccianti particolari. Innanzitutto, che la piccola possa essere stata legata e poi picchiata, colpita anche con un oggetto contundente che le avrebbe fratturato le ossa. Segni della corda sarebbero evidenti su entrambe le braccia.

Ma si aspettano i risultati dell’autopsia per avere eventuale conferma dell’ipotesi di maltrattamenti continui nel tempo, per capire con esattezza a che cosa sia dovuta la morte della piccola Alice, quale colpo l’abbia definitivamente stremata fino a provocarle il collasso cardiaco. Non ultimo il medico legale dovrà escludere o no la possibilità che la bambina sia stata vittima di violenza sessuale.

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