“Vieni via, non mischiamoci con quella gente!” Quante volte non abbiamo sentito questa frase? L’uomo è si un animale che soggiace a un ordine gerarchico stabilito a più livelli, potere, soldi, forza fisica… tuttavia a differenza dei cavalli, esso l’uomo, crea in qualche modo degli insiemi, onde rendere più evidenti ridicole differenze individuali. Ci sono così i fighi, gli splendidi, gli sfigati, i nerds o intellettuali o secchioni, i comunisti, i leghisti, i centristi, i berlusconiani, gli islamici, i cattolici, i taoisti, gli ultrà, i vegani, i vegetariani, i chimici, gli ingegneri, i medici, i calciatori, i cacciatori, il gruppo degli amici, i giovani, i vecchi, i buoni, i brutti, i cattivi, i drogati, e infine le solite puttane tanto care a Ezra Pound, “il miglior fabbro”. Poi vabbè, la gerarchia vuole che il presidente sia uno e solo, anche se non riconosciuto all’unanimità.
I cavalli no. Non esiste il gruppo dei cavalli neri e quello dei cavalli colorati. Due haflinger non fanno finta di non capire l’italiano quando un avelignese chiede loro informazioni. Due sella italiani non si scostano quando passa un arabo, né un arabo pensa a loro come infedeli. I selle francais non appellano in modo dispregiativo i bardigiani o i murgesi come “italienne”, pronunciandolo a denti stretti. Alcune regole gerarchiche sono le stesse: anche fra i cavalli il più forte è lo stallone dominante però comanda la matriarca femmina (ahinoi). Fra i cavalli c’è un primo e c’è un ultimo e c’è posto per tutti. Per il resto, mangiano, dormono, lasciano ricordini, fanno minchiate, si accoppiano e muoiono. Tutti insieme appassionatamente, entropicamente. Noi no. Tanti gruppi, tanti primi, tanti ultimi, pochi amori, tanti odi, poca conoscenza degli altri e quindi poca crescita personale. Noi che siamo antropici e per nulla entropici, tendiamo a fare ordine, a dividere, separandoci…
Oggi per voi sono lo spirito dei natali passati e vi porto in una squallida scuderia suburbana. C’è un recinto fatiscente e un prezzolato commerciante sta scaricando il solito argentino con la navicolite. Nessuno si accorge di un vecchio cavallo sgangherato, ossuto, che allunga il collo a carpire i fili d’erba oltre lo steccato. L’unico ad accorgersene è l’argentino, che non appena sceso dal camion, corre subito dal compagno di sventura. L’altro si volta, abbassa le orecchie, fa’ la faccia cattiva ma non c’è niente da fare, non può che cedere al più giovane. Le “pratiche burocratiche” fra i cavalli ora sono sbrigate e non resta che essere nuovi amici.
C’è un elemento interessante: il vecchio cede al più giovane, cosa questa fra gli uomini, impedita da leggi e folklore, perché fra gli uomini l’erba più verde è dei vecchi, che fra l’altro neanche sanno che farsene così morituri come sono. I giovani umani devono sputare sangue, per diventare un giorno anche loro dei vecchi aridi avidi.
Ma era solo una nota incidentale; non è mia intenzione infierire sui senes fra queste righe, eppoi molti sono talmente ridicoli che si commentano da soli. Non a caso ho usato la parola senes: sarebbe bello che i nostri vecchi fossero dei saggi in tunica bianca, ormai disinteressati alle illusioni del potere e del denaro. Al contrario accentrano sia il potere che le risorse, e se ciò non bastasse ci rubano le donne giovani e leggiadre e le vecchie e laide le lassano a noi (consumando quintali di pilloline azzurre e gialle).
Le giovani donne avranno pure affascinanti dirigenti con membri tirati ma dovranno accontentarsi dei loro stanchi lombi sfiancati!
I cavalli no. Gli umani sono i lupi della steppa di Hesse. Si dividono in gruppi elitari, antitetici. Sono amico tuo ma quegli altri ci fanno schifo. Non parliamo con loro.
Ricordo di aver atteso in una stanza insieme ad altra gente che non conoscevo, ma con la quale avrei dovuto fare un lavoro di gruppo di li a pochi minuti. Ebbene, nessuno parlava con nessuno, ci avrebbe fatti diventare amici solo il coordinatore. Come sulla metropolitana: se ti senti male muori lì, da solo fra mille persone. Anche fra i cavalli se muori, muori sempre solo. Lo diceva anche De André che “quando si muore si muore soli” ma in una canzone diceva anche: “finché un uomo ti incontra e non si riconosce, e ogni terra si accende e si arrende la pace”. C’è bisogno di commentarla questa frase? Non credo. Quando uno splendido incontra un nerd, un bello incontra un brutto, un islamico un cattolico, un afgano incontra un americano, Di Pietro Berlusconi o nella semplice antipatia, o magari voi stessi potreste pensare a esempi migliori, non c’è pace. Voi stessi potete comprendere come il termine “tolleranza” non significhi pace. Il termine “tolleranza” è anzi l’antitesi del concetto De Andreiano, profeta del nostro secolo. Quando un cavallo bianco incontra un cavallo nero, si riconosce, si specchia in lui, e ogni terra si accende e si arrende la pace, perché uno di essi SA cedere e l’altro SA che un giorno toccherà anche a lui farlo per legge di natura, che sta sopra anche alla loro amicizia.
Simone Ferrian
Redazione www.ilportaledelcavallo.it
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