«L’Anm? È un partito d’opposizione»

Roma«Macché attacco alla magistratura, con la riforma della giustizia il governo rispetta solo gli impegni presi con gli elettori nel suo programma». Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, anche da ex magistrato, conosce bene i problemi del settore.
Molte toghe dicono, anche nelle loro mailing list, che si vuole limitare la loro autonomia e indipendenza.
«E invece non ci sarà nessun asservimento della magistratura alla politica. Da anni è aperto un dibattito su queste ipotesi tra i vari protagonisti, dai magistrati agli avvocati e anche tra i politici diversi esponenti dell’opposizione hanno condiviso la necessità di cambiare».
Ora che la riforma è pronta, però, fuori da Pdl e Lega è difficile trovare consensi.
«C’è qualche apertura da parte di alcune forze politiche, come Udc, Fli, una certa cautela da parte del Pd e la solita pregiudiziale chiusura dell’Idv. Chi ha appoggiato certe proposte in passato, ora non trova di meglio da dire che: non è il momento opportuno».
Su quali punti si aspetta una certa convergenza?
«Mi meraviglierei se ci fosse ostilità riguardo al nuovo sistema di giustizia disciplinare: oggi è chiaro a tutti che un magistrato accusato di illeciti disciplinari viene giudicato dalla sezione di un Csm a maggioranza togata, in cui troppo spesso prevalgono logiche correntizie. L’idea di una corte esterna al Consiglio viene dalla Bicamerale di D’Alema ed è stata appoggiata da Violante».
È sulla separazione delle carriere che si preannuncia lo scontro più duro.
«Eppure, una valutazione libera e laica dovrebbe riconoscere che da quando è entrato in vigore il codice di procedura penale dell’89, con il sistema accusatorio, si è resa necessaria la parità tra le parti. In Europa non riescono a capire come pm e giudici appartengano alla stessa carriera. E sappiamo come dai tempi di Mani Pulite sia forte il condizionamento delle procure sui giudici. Le contestazioni sono solo ideologiche».
Due carriere e due Csm. Quello dei pm lo presiederà il Pg della Cassazione?
«Non conosco il testo definitivo, ma se al vertice di quello dei giudici c’è il Capo dello Stato potrebbe essere la soluzione naturale, visto che il Procuratore generale della Cassazione ha già un potere di controllo sull’azione penale e promuove le azioni disciplinari».
Intervenire sull’obbligatorietà dell’azione penale dettando delle priorità vuol dire limitare l’azione dei pm?
«Questo principio costituzionale viene violato ogni giorno, perché il procuratore deve scegliere alcuni fascicoli e lasciar morire gli altri. Se questa scelta, invece di lasciarla al suo arbitrio, la fa il Parlamento è più giusto».
Quali vantaggi porterebbe una maggiore autonomia della polizia giudiziaria dal pm?
«Una maggiore responsabilizzazione della polizia e valorizzazione delle sue competenze. Non per mortificare la magistratura ma per riequilibrare il rapporto. Prima della riforma dell’89 il pm non aveva il monopolio delle indagini, ma faceva da filtro a quelle della polizia. Dobbiamo fare tesoro dell’esperienza di questi anni e guardare avanti migliorando le cose».
La riforma è costituzionale ma sulla responsabilità civile delle toghe basta una legge ordinaria.
«Infatti. La legge sulla responsabilità civile di fine anni ’80 ha avuto effetti molto relativi e le cause sono state pochissime. I magistrati si sono fatti una bella assicurazione e con una tassa di 100-150 euro l’anno si sono messi al sicuro. Un intervento è necessario, anche se mi sembra più importante quello disciplinare».
Per l’Anm questa riforma non renderà più efficiente la giustizia, ma è solo punitiva.


«Invece, soprattutto separazione delle carriere e interventi sulla responsabilità dei magistrati serviranno a migliorarne l’efficienza e a garantirne l’imparzialità. L’Anm, soprattutto con questa presidenza, ha assunto il ruolo di un partito d’opposizione. Dovrebbe spogliarsi di questi abiti impropri, sgraditi anche a molti magistrati».

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