L’Appello di D’Ambrosio

Abbiamo sott’occhio il programma della sinistra sulla Giustizia e non ce ne stiamo accorgendo. Avevamo passato diec’anni a intercettare ogni rantolo di Gerardo D’Ambrosio nella speranza che la sua appartenenza politica fosse finalmente colta in flagranza, e non era facile, anche perché D’Ambrosio a ogni sparata faziosa affiancava comunque una sua diversità: non scriveva su Micromega, non firmava appelli, non querelava, non si affacciava alle telecamere per contestare dei decreti legge e non presenziava a convegni che ne proponevano di alternativi. Eppure non basterebbe l’intera pagina per elencare gli indizi che facevano di D’Ambrosio neppure un comunista: direttamente un diessino, a tratti un dalemiano, senz’altro un elemento politicamente organico. Bene: dopo tutto questo, accolto con certa indifferenza, Gerardo D’Ambrosio esordiva nella primavera del 2004 come editorialista de l’Unità. E li ha mai letti qualcuno, i suoi articoli? A destra forse no. D’Ambrosio ha scritto anche un libro: l’ha letto qualcuno, nel centrodestra? Forse no.

Altrimenti sarebbe stata chiara la riforma che lui propone da tempo e che è esattamente l’opposto di quella appena approvata appunto dal centrodestra: D’Ambrosio propone di abolire il grado d’Appello tout court, eliminarlo completamente. E lo propone da anni. È tutto scritto. Ora i Ds l’hanno candidato, e qualcosa vorrà pur dire.

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