L’aquilotto vola in gol Zarate lancia la Lazio e fa la pace con Reja

Ne possiamo a fare a meno? E di chi, domanderete? Ma di quei tecnici italiani che lasciano il Bel Paese e vanno a vincere all’estero. L’ultimo è Luciano Spalletti. L’ex allenatore della Roma ha portato lo Zenit di San Pietroburgo al successo nel campionato russo con due giornate di anticipo: decisiva la goleada (5-0) inflitta ieri al Rostov, staccato irrimediabilmente (8 punti) il Cska Mosca. Da record le strisce di 9 vittorie consecutive e di 24 partite senza sconfitte. Con una vera e propria cavalcata trionfale lo Zenith ha interrotto la supremazia del Rubin Kazan che durava da due anni. E il suo tecnico ha fatto il bis dopo essersi aggiudicato la Coppa di Russia. «Volevamo chiudere il campionato per evitare altro stressi dopo aver fallito il match-ball con il Cska Mosca. Ci siamo riusciti da grande squadra», queste le parole di Spalletti che si porta appresso solo il rimpianto di aver perso ai preliminari l’accesso alla Champions League. In poco meno di un anno (la firma con il club di San Pietroburgo risale all’11 dicembre 2009) s’è fatto apprezzare a tal punto da suscitare l’ammirazione degli avversari. Capita raramente. E pensare che l’1 settembre aveva lasciato la Roma dopo aver sfiorato due scudetti, vinto due edizioni della Coppa Italia e una della Supercoppa Italiana. Di lui si parla adesso come dell’alternativa più seria a Benitez nel caso che…
S’impreziosisce così l’elenco dei nostri tecnici che fanno grandi cose lontano da casa. Un anno fa Carlo Ancelotti ha vinto la Premier League ed è ancora solo in testa (anche se ieri il suo Chelsea è crollato incredibilmente in casa con il Sunderland 3-0); in precedenza Giovanni Trapattoni, oggi ct dell’Irlanda, s’era laureato campione di Germania e Portogallo con Bayern e Benfica. Per non parlare dell’esilio dorato di Capello sulla panchina inglese e di Mancini (fino a quando?) su quella del Manchester City. Se a questo aggiungiamo l’addio di Mourinho, la nomina azzurra di Prandelli e la candidatura di Lippi a ct dell’Ucraina, dove già lavora Collina, ci possiamo fare tranquillamente una ragione se la Serie A s’è provincializzata e i suoi club più importanti non sono competitivi nelle coppe europee (5 successi in 28 partite). Spontanea e immediata è quindi la risposta alla domanda iniziale. Il calcio italiano non può rinunciare ad allenatori così esperti, capaci, intelligenti e, attenzione, fra i pochi a meritare spazio sui media stranieri.

Se ne rendano conto quei presidenti che hanno paura di ingaggiare un grande tecnico per l’impossibilità di sfilargli la maglia da capoclasse e di cacciarli al primo venticello contrario. I soldi non sono l’ostacolo più grande, basta ricordare quelli spesi male al calciomercato.

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