L’architetto pentito: «Le tangenti? Dieci euro al metro cubo»

Enrico Lagattolla

MilanoIl calcolo della mazzetta è come la pizza al metro. Solo che in questo caso i metri sono cubi. Sono migliaia. E di cemento. Nel grande affare dell’urbanistica in Lombardia - finita nell’inchiesta della Procura di Milano - c’è un tariffario anche per le tangenti. E a metterlo nero su bianco davanti ai pm è l’architetto Michele Ugliola, l’uomo indicato dai magistrati come il collettore delle tangenti per la Lega, l’uomo che ha finito per cacciare nei guai il presidente del consiglio regionale Davide Boni e il suo braccio destro Dario Ghezzi. Quanto mette in tasca il faccendiere per oliare i meccanismi del sistema? «Dieci, undici euro per ogni metro cubo del quale si autorizza la costruzione». Moltiplicati per decine e decine di migliaia.
Il 12 luglio scorso, Ugliola è davanti al procuratore aggiunto Alfredo Robledo e al pm Paolo Fillipini. Racconta la sua versione. Chiama in causa il sindaco di Cassano D’Adda Edoardo Sala, riferendo «di avergli in più occasioni consegnato tangenti costituite da somme di denaro in contanti, in buste e latri contenitori, ad esempio di dvd». Spiega che «appena eletto, Sala propose a lui e a Leuci (Gilberto Leuci, cognato di Ugliola, anche lui sotto inchiesta, ndr) un accordo secondo il quale Sala si sarebbe interessato che venissero ottenute tutte le modifiche edilizie e urbanistiche che potevano essere di interesse ai privati, e loro (Leuci e Ugliola, ndr) avrebbero seguito i privati interessati». Ancora, «Sala indicò le somme che avrebbero dovuto chiedere per ottenere le modifiche, e che sarebbero state spartite tra loro». Il 70% a Sala, il 30% da dividere tra Ugliola e Leuci. Poi, un altro po’ di aritmetica. «Sala calcolava le somme da richiedere ai privati in termini di 10-11 euro per ogni metro cubo del quale si autorizzava la costruzione». Ora, che fine fanno quei soldi?
Secondo la Procura di Milano, finivano nelle casse del Carroccio, con il benestare dei vertici regionali. Anzi, con un interessamento diretto. In Regione, infatti, sarebbe stata consegnata parte del denaro rastrellato sul territorio. Lo racconta il commercialista Pierluigi Amati - finito nell’inchiesta, e uomo vicino a Sala - secondo cui le richieste di soldi venivano fatte per «premiare il sostegno che avrebbe dovuto ottenere a livelli politici e istituzionali». Per i pm, quel livello si trova al Pirellone. Anche secondo un altro arrestati sentito dai magistrati il 10 giugno scorso, Paolo Casati. «Sala - racconta - mi confidò che parte della somma che avrebbe incassato avrebbe dovuta darla ad altri...».
«Ad altri»: sono le parole chiave dell’inchiesta, quella che può trasformare una storia di corruzione di modesto cabotaggio in una mina pronta a esplodere sotto la maggioranza che governa il Pirellone. Quando nei verbali si dice che le mazzette pagate agli amministratori locali del centrodestra andavano in realtà «ad altri» si intendono, ovviamente, la Lega e il Pdl, in quanto partiti. E un indizio che porta in questa direzione emerge anche nel verbale di uno dei momenti più drammatici dell’indagine, il faccia a faccia tra il grande accusatore Ugliola e il sindaco pidiellino di Cassano d’Adda, Sala, nel settembre scorso. È uno scontro teso, con Sala che a un certo punto si alza e intima a Ugliola di rimangiarsi le sue accuse, il «pentito» che un po’ barcolla, in parte corregge il tiro, ma alla fine rimane sulla sua posizione. E Sala che alla fine gli dice: «Sai che se li ho presi non li ho presi per me».
Insomma, può ancora accadere di tutto.

Ieri i pm hanno interrogato Giovanni Rossetti, l’imprenditore che secondo Ugliola avrebbe stanziato duecentomila euro per sbloccare un impianto di inertizzazione dell’amianto a Lonate Pozzolo. Rossetti ha negato. Ma avrà convinto i pm?

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