È la crisi del teatro a Genova. Bisogna salvarne un altro dopo loperazione Carlo Felice, cifre minori sia chiaro di quelle che servono per salvare il teatro dellArchivolto di Sampierdarena ma comunque da trovare a breve altrimenti cè il rischio che una realtà culturale che rende vivo il tessuto sociale del ponente genovese offrendo anche la possibilità alle scuole della zona di misurarsi con laboratori teatrali di qualità. Qualità, quella che da sempre il Modena è riuscito ad esibire tanto da essere, per il genere che esprime, allavanguardia nazionale con riconoscimenti che nel tempo sono arrivati a premiare le scelte artistiche. Qui sono nati talenti come Maurizio Crozza, Carla Signoris, Ugo Dighero. Qui gli spettacoli fanno spesso il tutto esaurito. Eppure. «Eppure siamo in una situazione tale per cui non possiamo nemmeno ipotizzare il bilancio per il 2009 -denuncia la direttrice Pina Rando-. I conti ci costringono ad un serio ragionamento e, soprattutto, ci portano a chiedere un intervento delle istituzioni e dei parlamentari liguri perché si interessino al nostro caso».
Vogliono un summit dei grandi della terra ligure, lo hanno chiamato «Zena 8», perché chi ha competenza ragioni sullopportunità di perdere una realtà del genere. Domani hanno convocato deputati e senatori di Pdl, Pd, Lega Nord e Idv per un pranzo di lavoro, «tenteremo di prenderli per la gola», scherza Rando anche se qui cè poco da scherzare perché lArchivolto è il teatro stabile privato di interesse pubblico che dallo Stato ha la sovvenzione minore: «Prendiamo 388mila euro lanno -incalza la direttrice del teatro- mentre altri teatri superano il milione come contributi diretti e a fondo perduto. Se si pensa che solo nel 2008 abbiamo versato 350 mila euro per Enpas e Inps, tra il dare e lavere ci rimane proprio poco».
Contributi arrivano anche da Comune, Provincia e Regione per circa 500 mila euro lanno, in più la compagnia San Paolo ne investe 160 mila e con altri 100 mila contribuiscono gli sponsor privati ma sembrano essere di molto inferiori rispetto a quello che serve allArchivolto per non chiudere i battenti. Allinterno della struttura lavorano 41 persone di cui 25 con contratto a tempo determinato e 16 a tempo indeterminato, «abbiamo un disavanzo annuale tra i 200 e i 300 mila euro, non serve uno sforzo immane per salvare la nostra realtà, ma qualcosa deve arrivare». Lobiettivo sarebbe quello di recuperare tra contributi pubblici e privati circa 600 mila euro: «Il nostro teatro è sempre pieno e lavora a ritmo sostenuto, più di così non possiamo fare», spiega il direttore artistico Giorgio Gallione.
A pensare a quello che è stato fatto per il Carlo Felice un po dinvidia cè, «anche se a noi basterebbe un impegno molto più esiguo rispetto a quanto è stato fatto per il teatro dellopera. Diciamo che se i dipendenti là hanno fatto lo sciopero della fame, messo in rapporto noi potremmo saltare la colazione».
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